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Macron e Renzi. Svolta nella governance


 

Guido Colomba

L'Europa alza le antenne? L'Italia vuole veramente voltare pagina? Due interrogativi rispolverati dall'arrivo di Macron all'Eliseo e dalla iniziativa Roma-Berlino sui migranti ("l'Europa deve inviare una missione alla frontiera fra Niger e Libia per contrastare gli ingressi illegali in Europa"). I giornali tedeschi sembrano anch'essi più recettivi. In Italia, non è più rinviabile il tema della diseguaglianza e del carico fiscale iniquo (il 12% dei contribuenti versa il 54% dell'Irpef complessiva mentre la metà degli italiani di fatto non paga tasse). Renzi si è dimostrato il più bravo nel proporre un rilancio del sistema-Italia attraverso il manifatturiero e le eccellenze dell'Italia. E Gentiloni prosegue questo cammino come dimostra il successo che sta ottenendo a Pechino la missione delle Pmi nel b2b con le industrie cinesi. L'Italia è il secondo maggior paese manifatturiero europeo dopo la Germania. Entrambe, con pesi ben differenti, sono "export-driven". E' questa la strada maestra che deve essere integrata da forti investimenti nella scuola e nella formazione dei giovani la cui disoccupazione è inaccettabile (tanto che si parla di una generazione perduta). Una strada che implica la volontà di costruire una società post-consumista, scommettendo su quei valori prioritari, dalla lotta alla diseguaglianza alla innovazione nelle relazioni di formazione e lavoro. Non basta attribuire ad Obama la colpa di non aver preso le distanze dalle "perversioni" economiche degli ultimi decenni e di avere lasciato invariato, nonostante la crisi "subprime" del 2008, lo strapotere di Wall Street con i ben noti risultati: concentrazione della ricchezza e aumento delle diseguaglianze, squilibrio nei rapporti tra economia e politica (re: Galli della Loggia, Corsera 16 maggio). Occorre costruire e garantire una governabilità in Italia che consenta ai tre maggiori paesi fondatori la "ricostruzione" dell'Europa secondo l'espressione usata da Macron. E' questa l'occasione che si offre all'Italia alla vigilia del G-7 di Taormina. Se Renzi vuole tornare nel 2018 a guidare questa svolta a nome e per conto dell'Italia, allora deve rompere gli indugi combattendo la corruzione e denunciando al Paese le diffuse zone d'ombra. Come? Costringendo gli enti locali (la cui classe dirigente si è dimostrata molto mediocre) ad una vasta campagna di moralizzazione e smantellando la "rete" delle partecipate. Anche le "utilities" sono uno scandalo storico. Sono cresciute sotto lo scudo pubblico per impedire ai "baroni" di sfruttare l'oligopolio ma nelle bollette agli utenti i consumi effettivi sono solo una piccola parte: un'autentica "tassa dei poveri" mentre il debito pubblico continua a salire (altri venti miliardi a marzo a quota 2260 miliardi). A questo si aggiunge lo scandalo del "Cara" di Capo Rizzuto. Come afferma Cantone, è solo la punta dell'iceberg nel "sistema-migranti". Una percezione diffusa nell'opinione pubblica "trasversale" degli italiani. L'Europa, contrariamente a quanto si pensa, ci guarda con simpatia ma vuole la prova concreta del cambiamento di governance. La sfida à lanciata.