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Non conta il sesso ma l’economia

Alberto Pasolini Zanelli
Gli americani sono capricciosi? Parrebbe di sì, soprattutto se si presta fede alla scienza dei sondaggi così popolare e creduta in questo Paese. Le cronache del primo anno della presidenza Trump sono pressoché univoche nell’indicare un calo importante e costante del giudizio degli elettori, compresi quelli che lo avevano portato alla Casa Bianca. Questo almeno comunicavano quasi ogni giorno gli istituti di sondaggio e, ancor di più, i commentatori politici, che non mancavano di segnalare almeno una volta la settimana le gaffe attribuite alla sede del massimo potere e soprattutto i capovolgimenti della sua impostazione, dall’economia alla politica estera.
Il presidente si trova con le spalle al muro in crisi pericolose come il confronto nucleare con la Corea del Nord, il peggioramento delle previsioni in altri settori del pianeta, il “blocco” di numerose promesse elettorali. Non sono finora cessate le “cariche” sul comportamento privato di Trump, che è sotto inchiesta perché tenacemente sospettato della più improbabile delle colpe (essere stato eletto per causa di interventi illegali di Putin e della Russia) ma soprattutto potenzialmente ridicolizzato dalle voci e dalle insinuazioni, gonfiate dai mass media, soprattutto televisivi. L’argomento del giorno, anche nella stampa, non soltanto in quella “popolare” sono le sue avventure sessuali. Quasi ogni giorno viene fuori una donna con rivelazioni nuove, in fondo leggere ma sottolineate e gridate. Gli ultimi dettagli sono i più allarmanti (le asserite minacce alle compagne di sesso che fanno rivelazioni vere o false), con l’eccezione comica della “rivelazione” secondo cui Stormy Daniels, una famosa pornostar, avrebbe sculacciato il futuro presidente tenendo in mano una rivista che ritraeva la sua immagine in prima pagina.
Un paio di giorni dopo è arrivato l’ennesimo sondaggio, forse meno atteso di altri perché era comune la convinzione che la popolarità di Trump stesse continuando a precipitare. Ed ecco la sorpresa: se si votasse domani, l’inquilino della Casa Bianca prenderebbe il 44 per cento dei suffragi. Perderebbe, ma con un margine molto ridotto che nelle condizioni attuali equivale a un trionfo. Quarantaquattro per cento, appena il 3 per cento in meno del giorno dell’elezione nel novembre 2016, che portò a Trump il 47 per cento. Cioè una concreta possibilità di rielezione, almeno finché i democratici non avranno trovato un nuovo portabandiera erede di Hillary Clinton.Una sorpresa autentica. Ci si domanda subito il perché e in parte subito lo si trova: l’economia. Da quando in sella c’è lui è calata la disoccupazione, è salito il dollaro, è fiorita Wall Street. Trump non ha fatto soffrire finora l’America, almeno nel portafoglio. Quanto alla politica estera, molte sono le minacce e gli allarmi, ma niente di grave è veramente successo. Gli Stati Uniti sono molto più impopolari che non ai tempi di Obama, ma non è accaduto nulla di irrimediabile. Solo scambi di epiteti e di minacce, a cominciare dal dittatore nordcoreano e continuando con altri esponenti del Terzo Mondo. I rapporti con la Russia si sono molto raffreddati, ma Trump ha colto la nuova onda dell’opinione pubblica riempiendo il suo governo di esponenti dell’estrema destra, soprattutto di “falchi” come il “bombardiere” Bolton, ritratto nell’ultima vignetta a cavallo di un missile nucleare aleggiante a bassissima quota sulla residenza alla Casa Bianca. Eppure i sondaggi dicono altro. Indicano la possibilità di una rielezione tra meno di tre anni. Anche nel 2016 Trump raccolse meno della metà dei voti (47 per cento contro il 50 per cento della Clinton) e potrebbe fare il bisSoprattutto se riuscirà a ripetere “trovate” come quella recentissima che riguarda l’immigrazione. Durante la campagna elettorale il candidato repubblicano aveva fatto delle promesse, la più importante e urgente, la costruzione immediata di un muro invalicabile alla frontiera con il Messico, che oltre a tutto avrebbe dovuto pagarne la spesa. Di questo aggravio non si parla più e nel frattempo il Congresso di Washington ha dimostrato di non essere disposto a sganciare nemmeno un dollaro. Ma Trump ha immediatamente parato la mossa: ha annunciato che le spese le pagherà il Pentagono, attingendo dal suo tesoretto bellico. Proteggersi da una frontiera può rientrare nelle necessità militari, anche se la “minaccia” riguarda immigranti pacifici e disarmati, anche se scomodi. Una trovata disinvolta, che spiega molte cose, dai sondaggi confortanti, alle contestazioni manesche di Stormy Daniels.