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Il malessere giovanile è un problema serio, di fatto ignorato dalla politica.




 Guido Colomba
I partiti sono divenuti strutture “senza società”?  Il malessere giovanile, come attestano i fatti all’Università di Bologna, è un problema serio, di fatto ignorato dalla politica. Almeno finora. In questi ultimi cinque anni, la disoccupazione giovanile è raddoppiata passando da una media del 20% a quella attuale sopra il 40% (con un picco del 50% nel Mezzogiorno). Come si fa, in questa situazione, a parlare di ripresa? Non è certo una questione di “zero virgola”. Né sono i voucher i responsabili di questo disastro: secondo i dati forniti dal presidente dell’Inps Tito Boeri, essi rappresentano meno dell’uno per cento del totale delle ore lavorate. Inoltre, sono proprio i sindacati e le cooperative i maggiori utilizzatori. Ecco perché la manovra correttiva (3,4 miliardi) richiesta dalla Commissione di Bruxelles con continui ultimatum, ha poco senso. Egualmente ha poco senso l’ipotesi, accolta con grande giubilo dai nostri politici dopo il vertice di Malta, di un’Europa a due velocità.  Era sottinteso nella vulgata dei partiti che l’Italia avrebbe fatto parte del primo gruppo. Quello dei più forti. Ma questa politica, fatta di annunci privi di contenuti credibili, non piace più a nessuno. Anche le fasce più “affluent” della società, compresi molti imprenditori, professionisti e docenti, avvertono la sterilità di questa politica che si accapiglia per mesi e mesi su come andare al voto.  Di progetti a lungo periodo non se ne parla. Dei giovani tanto meno. Siamo però tornati all’aumento (previsto dal ministro Padoan) delle accise sulla benzina. Uno studio di questi giorni dimostra che gli italiani hanno pagato, con i precedenti aumenti delle accise, ben 70 miliardi di euro per i terremoti. Il doppio dei danni rimborsati dallo Stato. Dove è finita la differenza? Verosimilmente, assorbita nel buco nero del debito sovrano puntualmente aumentato (supera i 2.220 miliardi pari al terzo posto a livello mondiale) anche in questi anni di austerità. Un vero record... Anche sul lato finanziario, la gestione politica appare del tutto carente. Le banche nel 2016 hanno registrato un rosso di 15 miliardi (facendo rimpiangere la mancata bad bank) equivalenti a una intera manovra finanziaria. Le borse registrano puntualmente queste aspettative. Dall’inizio dell’anno, Wall Street ha distaccato Milano di oltre il 5% (rispetto al 10% dell’intero 2016). Purtroppo, la crisi delle banche ha bloccato gli investimenti che sono scesi del 18% dal 2011 e del 24% dal 2007. Senza investimenti è illusorio pensare di creare posti di lavoro per i giovani.  Eppure, la discesa dei tassi di interesse, favorita dalla politica di Mario Draghi con il Q.E, doveva rappresentare una corsia preferenziale per il credito alle imprese. Ora, le solite Cassandre cercano di creare allarme sull’aumento dei tassi, definito “la reflazione di Trump”, per giustificare anticipatamente le difficoltà della manovra economica nel 2017.  Al contrario, secondo i calcoli più recenti, il servizio del debito scenderà anche quest’anno visto che il costo medio attuale del debito sui titoli di Stato è vicino al 3%. Un livello medio ritenuto poco verosimile per le emissioni dei prossimi dieci mesi. Ma, allora, dove è finito l’ottimismo che circondava il governo di Matteo Renzi? Nei primi due anni di governo, Renzi ha individuato molto bene i problemi da affrontare con una visione strategica di lungo periodo (cuneo fiscale sul lavoro, riforma degli appalti, della giustizia amministrativa, della P.A, high tech e banda larga ecc.). Poi, qualcuno ha spento l’interruttore e Renzi è divenuto prigioniero del sistema. Eppure, quando era sindaco di Firenze, fu tra i primi a denunciare i lacci e laccioli della burocrazia politica. “Per rendere operativa una delibera – diceva – ci vogliono più di quaranta passaggi”. La controprova è data dalle società partecipate (oltre 8mila) degli enti locali. Sono ancora lì con i loro debiti mostruosi. Non è difficile comprendere perché il Movimento5s, guidato da Grillo e Casaleggio, nonostante gli errori sotto gli occhi di tutti, riesca a mantenere nei sondaggi gli stessi livelli di consenso.