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Oggi in America

Oggi pranzo alla Casa Bianca tra il presidente Trump e il suo ministro deegli Esteri Tillerson che nei giorni scorsi lo ha definito un 'moron' (idiota, coglione, imbecille). Si parlera'' sicuramente della sua sostituzione con l'attuale direttore della CIA, Pompeo.
Nel frattempo il senatore repubblicano Corcker definisce la White House di Trump come una "day care house" un asilo d'infanzia.
Ad aggiungere un po' di colore alla situazione ci si e' messa di mezzo la prima moglie di Trump, Ivana che dichiara di essere lei la vera first Lady.
I repubblicani d'assalto sfruttano la caduta del famoso produttore Weinstein accusato di provocazioni e assalti sessuali nell'arco di un decennio a carico di attrici e aspiranti tali.
Ricordano che era un amico degli Obama e dei Clinton.
Il che significa che da ora in avanti per un politico prima di stringere la mano a qualcuno sara' opportuno effettuare una visita preventiva per assicurarsi che non sia affetto da gonorrea, abbia inclinazioni pedofile o sia un ammalato di sesso.
Qui sotto una intervista a Bernstein, uno dei due autori del Watergate di Nixon a testimonianza di quello che sta succedendo negli Stati Uniti.
Fasten seat bell.
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Alain Elkann per La Stampa

Bob Woodward e Carl Bernstein
Il motto di Carl Bernstein, leggendario giornalista del Washington Post che negli Anni 70 scoperchiò il caso Watergate, è che un giornalista deve dare la migliore versione disponibile della verità: «Questo è il senso, la missione del giornalismo».
I giornalisti oggi seguono questo principio?
«Non si può generalizzare. In America oggi c' è moltissimo giornalismo di qualità e cose terribili fatte in nome dell' informazione. Washington Post, New York Times e Wall Street Journal fanno un ottimo lavoro.

carl bernstein carl bernstein
È la rinascita dei grandi reportage investigativi, con storie e retroscena. La tv è una bestia diversa, anche se c' è stata un' ottima copertura sulla presidenza di Trump in tv, soprattutto sulla tv via cavo, sia con Cnn e Msnbc».
Trump è un presidente ostile all' informazione come mai prima d'ora?
«È più complicato di così. Trump disprezza e odia i media che dicono la verità su di lui, ma ha un rapporto perverso con l' informazione. Ha manipolato la stampa fin da giovane e non sarebbe stato niente senza l' aiuto di tabloid come il Daily News e il New York Post negli Anni 80 e 90.
Capisce la stampa e grazie ad essa ha creato il proprio mito.
La quantità di spazio tv gratuito che è stato abbastanza furbo da ottenere per dire così tante cose oltraggiose durante le primarie, rappresenta una vera e propria abdicazione della responsabilità editoriale. Una componente essenziale della migliore versione disponibile della verità richiede che siano i giornalisti a decidere cosa fa notizia».
Dunque tra la stampa e il presidente c' è un rapporto di amore e odio?
«Il punto è raccontare Trump in modo obiettivo, sincero e contestuale. Ne esce il ritratto di un despota; ignorante, pericoloso, talvolta fuori controllo, a volte furbo come una volpe, altre pazzo come un cavallo». 
Secondo lei è molto pericoloso?
«È pericoloso un presidente così poco informato e disinteressato alla verità. È sorprendentemente ignorante rispetto alla storia e a quel che succede in America, e ancor più nel resto del mondo.
Odia chi lo mette in discussione, che si tratti della stampa o dei suoi partner in affari. Non si può accusare la stampa di odiare Trump. Sta cercando di documentare un presidente che vuole compromettere e impedire un' indagine legittima sui suoi legami con la Russia durante la campagna elettorale.

Le grandi testate stanno facendo un ottimo lavoro. Ciò è particolarmente vero se si considera che questo presidente mente quasi di riflesso, e senza apparente rimorso, e istiga chi è vicino a lui a fare lo stesso».
Lo hanno votato i razzisti?
«Per lui ha votato il 90% dei repubblicani. Certo non tutti sono razzisti. Non so neanche se lui sia o meno razzista, il fatto è che su questo ha fondato la sua campagna, fomentando l' odio. Ed è stato razzista come imprenditore, non voleva affittare casa agli afro-americani e intervenne il ministero della Giustizia».
Chi ha votato per lui si è pentito?
«Una delle cose inquietanti è che i repubblicani stentano a dissociarsi persino dalle sue prese di posizione estreme. Sono disposti a giustificarlo».
Anche se non ha tenuto fede alle promesse elettorali?
«È vero che non è stato in grado di mantenerle, almeno le principali, ma ha emesso un bel po' di ordinanze di deregolamentazione. Ora è in affanno, in parte perché non è stato in grado di ottenere quel che voleva e in parte perché non è competente».
Ma sicuramente era competente in affari e nel reality The Apprentice ?
«Prima delle elezioni ho parlato con molti collaboratori del produttore di The Apprentice . Tutti lo disprezzano, dicono che era pigro, scorretto, impreparato sul set. Non faceva i compiti a casa. E da presidente si comporta allo stesso modo. Agisce di pancia, senza minimamente riflettere o prepararsi».
E che dice dei suoi tweet?
«Non sono affatto casuali. Rappresentano la chiave della sua mente e ciò in cui crede, e quindi spesso sono orribili. Ecco come veniamo a sapere cosa pensa davvero e in cosa crede. Quello è il vero Trump. Non quello che ogni tanto legge dal gobbo in studio».
Il problema della Corea del Nord è grave e complesso. Non è pericoloso che lui sia il comandante in capo?
«È pericoloso un presidente che non analizza le questioni con metodo. Si può avere un buon istinto e lui sostiene di averlo. Forse ce l' ha, forse no. Finora le prove sono sconcertanti».
Ha dei buoni consiglieri militari?
«È circondato da militari, McMaster, Mattis, Kelly, che hanno l' enorme fardello di vedere che agisca in modo responsabile. Allo stesso tempo, parla più di quel che fa. È uno dei motivi che rende la situazione pericolosa».
Lei fin dai tempi del Watergate ha avuto a che fare con i presidenti. La presidenza Trump è diversa da qualsiasi altra?
«Seguo la politica dall' età di 16 anni, quando ho iniziato a fare il giornalista a Washington, nel 1960. Questa è una presidenza aberrante. Non esiste un precedente.
Trump ha assunto il suo incarico in un momento in cui il Paese si trovava in un clima da guerra civile fredda, con odio crescente da ambo le parti, ma senza scontri per strada. Le azioni e le parole di Trump hanno aggravato la situazione fino quasi alla deflagrazione.
Non ha fatto niente per unire il popolo, piuttosto l' ha diviso ulteriormente attizzandone le passioni incendiarie. È un demagogo». 
Ci sono indagini in corso su di lui?
«Sì. Oltre al Consiglio Speciale, il Congresso sta conducendo diverse inchieste. È già stato appurato che ci troviamo di fronte a eventi molto gravi e a una potenziale ostruzione della giustizia. Ha licenziato James Comey, direttore dell' Fbi.
Ha graziato Joe Arpaio, lo sceriffo in Arizona che si era rifiutato di seguire la legge sugli immigrati.
L' esempio della grazia concessa allo sceriffo può convincere alcune delle persone sotto inchiesta per gli affari con la Russia a non parlare».
Pensa che finirà con un impeachment?
«La messa in stato di accusa è solo il primo passo - bisogna essere condannati. Clinton fu accusato, ma poi fu assolto dal Senato. Occorrono i voti di due terzi del Senato per condannare un presidente ed esautorarlo. È una soglia piuttosto alta, ed è un processo lungo e arduo. L' impeachment e la condanna di un presidente nella nostra storia non si sono mai verificati».
La situazione è pericolosa come durante il Watergate?
«Molto più pericolosa. Soprattutto perché Trump sembra deciso a ignorare e a confutare le prove di ciò che ha fatto la Russia per minare il processo elettorale americano. Il sistema ha funzionato nel caso Watergate. La stampa ha fatto il suo dovere. 
E così il sistema giudiziario e il Congresso. Il Watergate non ha lasciato il Paese diviso. Nixon era una persona solida con un solido intelletto e comprendeva la storia e il Paese. Fu vittima dei suoi tragici difetti caratteriali. L' intera equazione di Trump è diversa.
L' analogia più evidente è che entrambi sostenevano che il problema fosse la stampa, invece che il presidente. Ma c' è un' altra differenza fondamentale tra la nostra era e quella del Watergate: sempre più americani cercano notizie per rafforzare le proprie convinzioni politiche, culturali, religiose. Invece di aprirsi alla migliore versione possibile della verità, come durante il Watergate».
Trump è un dilettante?
«Il fatto che Trump non appartenga alla classe politica non è necessariamente il problema. Per la persona giusta non avere un background politico potrebbe essere un punto di forza per essere presidente. Di recente, il nostro sistema politico non ha funzionato troppo bene, è uno dei motivi per cui Trump ha vinto.
Nella sua campagna, ha identificato alcune difficoltà di base della condizione americana. Ciò che ha detto a proposito delle cosiddette élite del Paese e del fatto che hanno disatteso le nostre aspettative, è vero. Troppe istituzioni non funzionano, dal sistema educativo all' assistenza sanitaria. 
Le tre istituzioni che davvero continuano a funzionare sono l' esercito, l' intrattenimento e la tecnologia. La grande meritocrazia americana del dopoguerra ha smesso di funzionare. Le reali opportunità aumentano per i bambini ricchi a spese della classe operaia e media.
Trump ha presentato un' analisi a mala pena coerente della situazione, ma certo ha toccato alcuni nervi scoperti. Dice molte cose che la gente voleva sentire e alcune hanno risonanza perché radicate nella legittimità. Alcune. Ma è anche un provocatore e sa di esserlo».
A cosa è interessato?
«Sostanzialmente Trump è interessato a Trump. Davvero. C' è pochissima evidenza che sia interessato agli Stati Uniti e al popolo americano. Sfrutta le differenze tra americani e persegue una strategia che è l' opposto del tentativo di unire il nostro popolo.
Dov' è il desiderio di unire le persone, di fare grandi cose? Quello che stiamo osservando è un retorico mitragliatore di veleni. Far tornare grande l' America. Ok. Cosa vuol dire?». 
Gli Stati Uniti sono cambiati molto?
«Nel dopoguerra sono avvenute grandi cose per tutta la nostra gente: ricchi, poveri, classe media, neri, bianchi, eterosessuali, gay, uomini e donne. Gli Stati Uniti hanno guidato il mondo e non solo in termini di sicurezza internazionale, ma anche per il tipo di società che abbiamo costruito.
Sì, ci sono stati alcuni grandi errori, il Vietnam, i disastri in Iraq. Non abbiamo sempre avuto ragione, ma non c' è mai stato del marcio alla base».
L' America di oggi è marcia?
«Non sono pronto a dire che il marcio abbia raggiunto il cuore. Non credo. Siamo ancora un Paese con il più grande potenziale sulla terra, ma siamo stati logorati, come mai nella nostra storia moderna, e non solo da Trump.
Abbiamo difficoltà a mantenere continuità di principi. Siamo sempre stati la cultura più complessa, probabilmente nel mondo, anche perché abbiamo una tale mescolanza di popoli e di storie».
Le cose sono cambiate dopo la caduta del comunismo in Russia?
«Ci aspettavamo che, nel nostro trionfalismo sulla conclusione della Guerra Fredda con i sovietici, il dopoguerra sarebbe stato grandioso per l' Occidente. La caduta del comunismo non ha prodotto la pace meravigliosa che ci aspettavamo, ma grande disordine. E non abbiamo previsto il terrorismo».
C' è un grande squilibrio in Usa oggi?
«Abbiamo ancora l' economia di gran lunga più stabile del mondo ma non abbiamo adempiuto il nostro dovere verso la classe operaia che negli ultimi trent' anni si è veramente impoverita. Mentre centinaia di migliaia di americani - il cosiddetto 1% - vivono nel privilegio e nel lusso.
La meritocrazia è stata erosa da questa nuova plutocrazia, e, rispetto alla mia generazione, per chi ha mezzi modesti è molto più difficile avere successo».
In qualche modo Trump capisce l' America? È un prodotto dell' America?
«Trump, in tutto il suo miserabile eccesso, è Made in America, è un prodotto delle nostre peculiari forze culturali, compreso l' enorme ruolo che lo spettacolo ha nella nostra identità.
Ha condotto una campagna elettorale molto efficace basata in gran parte sull' istinto. Ha una reale comprensione della pancia di gran parte dell' America».