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Quale euro?


Guido Colomba

Quale euro? La lucida analisi dell'economista Lucrezia Reichlin (Corriere della Sera 22-24 ottobre) fornisce una risposta eccellente. Al tempo stesso inquietante. "C'è finalmente un'aria di ripresa e di ottimismo - afferma - ma restiamo vulnerabili". E aggiunge: "Se arriva una nuova crisi ci troveremmo di nuovo senza gli strumenti adeguati per affrontarla. Da soli non bastiamo. La moneta e la finanza sono il nostro sistema idraulico". Drastico il giudizio di Reichlin sulla fase attuale: "Occorre ripensare le regole comuni e il ruolo del nostro paese. Lo sa Macron che ha fatto della riforma dell'euro un punto centrale del suo programma". Eppure, Mustier, ceo di Unicredit, afferma che "l'Italia non è più a rischio sistemico" tanto da definire la ripresa in Europa "molto buona" e minimizza il problema degli Npl. Nel confermare l'apertura ad Abu Dhabi dell'hub per Medio Oriente e Africa, secondo mercato per l'export della Ue con oltre mille aziende europee che operano nell'area, sottolinea:"Gli imprenditori ci dicono che gli ultimi due trimestri sono i migliori da otto anni. L'Italia, aggiunge Mustier, ha tutto ciò che serve per essere un campione del 21° secolo". Sul fronte opposto vi sono gli allarmi lanciati da Lucrezia Reichlin: "Una moneta unica senza istituzioni adeguate di sostegno, tramuta sul mercato del debito sovrano le tensioni che c'erano sui cambi. Il debito, anche quando è in euro, è di fatto in valuta estera visto che, in casi estremi, non è possibile ricorrere al finanziamento monetario del debito pubblico". Questa trappola ha puntualmente esposto l'Italia agli attacchi speculativi (impennata dello spread) del 2011-2012 contro il debito sovrano. Il mercato ha tratto profitto dalle tre regole di Maastricht (1999):(a) misure fiscali ex ante (vincoli a deficit e debito); (b) nessuno Stato può salvarne un altro (no bail out); (c) proibito l'intervento delle banche centrali nazionali. Tre regole che non prevedono strumenti per affrontare e gestire le crisi. Quando nel 2008 il fallimento di Lehman Brothers ha scatenato una crisi a macchia d'olio, l'inadeguatezza dell'euro e la frammentazione delle decisioni sono apparse sotto gli occhi di tutto il mondo. La speculazione non ha esitato. I costi per l'Europa e l'Italia sono stati enormi. I vantaggi della moneta comune sono spariti. Inoltre le banche italiane hanno avuto maggiori difficoltà a rifinanziarsi imponendo così tassi più alti alla clientela, innestando un meccanismo perverso a danno della crescita economica. E' emersa la balcanizzazione dei mercati. Vi è poi un aggravante. I fatti hanno dimostrato che l'intesa di Dauville (ottobre 2010) tra Sarkozy e Merkel con l'avvio del "bail-in" ha avuto l'effetto di aggravare la crisi finanziaria dei paesi del sud Europa. Eppure Angela Merrkel ha ottenuto il suo terzo mandato accolta dai commenti positivi di tutta Europa, Italia compresa. Si impone una considerazione di natura tecnica: l'Italia risulta assente da queste decisioni storiche che ha subito passivamente senza ottenere clausole di salvaguardia. Appare ovvio che il parere tecnico ai governi e al Parlamento (dal 1999 in poi) doveva (e deve) venire dalla Banca d'Italia. Oppure si deve dedurre che l'Istituto di via Nazionale fosse sempre d'accordo. Se così fosse, la responsabilità della Banca d'Italia sarebbe ancora più grave. Tutto ciò deve divenire trasparente ricordando che la Bank of England, per voltare pagina, ha chiamato nel 2013 dal Canada, prima volta nella storia, un nuovo governatore, Mark Carney. Tocca alla Commissione parlamentare di Inchiesta, esaminando la documentazione ufficiale, fare chiarezza al più presto.