Alberto Pasolini Zanelli
Il nuovo secolo rischia di inaugurarsi con una ennesima guerra nelle
vicinanze del Mediterraneo, uno dei suoi quadranti già esplosivi. Non lo
presentano, una volta tanto, le Superpotenze: che, anzi, hanno offerto al resto
del mondo una scenetta d’amore; una telefonata di Putin a Trump per ringraziare
lui e l’America di aver sventato, avvertendo la Casa Bianca, un complotto
terroristico in preparazione. I due protagonisti si sono scambiati un “grazie”
e un sorriso. Ma l’apparecchio ha suonato, quasi contemporaneamente, per
trasmettere un monito di uno dei governi più’ “nervosi” di queste settimane in
un quadrante che siamo abituati a chiamare Medio Oriente anche quando non
designa i suoi confini precisi di oggi. È l’annuncio del presidente turco alle
fazioni che si contendono il potere in Libia. In termini duri e forti, Recep
Tayyip Erdogan comunica che il Parlamento di Ankara ha votato a larga
maggioranza un monito: la Turchia potrà spedire in Libia una forza militare
destinata ad appoggiare il governo di Tripoli oggetto di una offensiva della
controparte che controlla il potere rivale con particolare aggressività. È un
ultimatum: se “entro un paio di settimane” l’aggressione non cesserà, Ankara
spedirà truppe a Tripoli, sotto assedio dallo scorso aprile: le milizie di
Khalifa Hifer, con appoggio russo. Mancano finora dettagli e dimensioni della
minaccia, che pero' ha i connotati di una risposta al rafforzamento del governo
di Tripoli con l’appoggio della Tunisia e, indirettamente, dei Paesi
occidentali. La “risposta” ha già una data: una riunione del Parlamento di
Ankara il prossimo 9 gennaio. Le sue dimensioni dipendono anche dal ruolo
attivo del governo nelle ostilità da tempo in corso e nelle sue connessioni con
la guerra pluridecennale in Siria, dove il potere del dittatore ha resistito
agli assalti degli integralisti islamici, delle milizie filoccidentali, dei
curdi, dei nostalgici di Gheddafi, grazie soprattutto alla partecipazione di
Mosca. È tramontato “l’impero” nazionalista ma non è nata una Libia democratica
bensì una entità mediorientale senza una sua storia: il Medio Oriente si
fermava alla frontiera fra l’Egitto e la Cirenaica ma poi continuava nel settore
francese della Africa colonizzata dagli europei. Ma l’impero turco era da tempo
in declino e come tale fu scelto dall’Italia come bersaglio e “vittima” di un
rilancio e di una continuazione del Risorgimento. Così all’inizio del ventesimo
secolo Roma colse all’occasione di prendere parte alla nuova realtà colonialista
e particolarmente africana. L’Italia così cominciò a partecipare alle tante
guerre europee del ventesimo secolo, accelerandole, pur se non provocandole,
assaltando la Turchia per strapparle la Cirenaica ma lasciandosi ben presto
affascinare dalla Tripolitania. Un conflitto abbastanza tipico dell’epoca
cominciato come blitz e protrattosi dopo essere degenerato in guerriglia.
Tripoli era sì parte del fatiscente Impero Ottomano che il Regno di Sardegna (cioè
il Piemonte) aveva sostenuto militarmente nel 1855 contro la Russia, mandando
fra l’altro i bersaglieri in Crimea e guadagnandosi un posto al tavolo della
pace, prodromo alla guerra del 1859 contro l’Austria e all’unità d’Italia. Fu
in qualche aspetto una guerra nuova: rapidi sbarchi e i primi bombardamenti aerei
della Storia. Dichiarata la guerra il 28 settembre 1911, Tripoli cadde già il 3
ottobre suscitando ondate di entusiasmo in Giovanni Pascoli (“la Grande
Proletaria si è mossa”) e nella sciantosa bolognese Gea della Garisenda che si
avvolgeva nel Tricolore intonando “Tripoli, bel suol d’amore / ti giunga dolce
questa mia canzon! Sventoli il tricolore / sulle tue torri al rombo del cannon!”.
Fra i pochi dissidenti, Benito Mussolini che cercò di riempire le piazze
con lo slogan opposto: “Né un soldo, né un soldato per una guerra imperialista”.
La guerra continuò nel 1912, non con grande “intensità” ma fra difficoltà evidenti.
L’Italia faticava a consolidare la sua conquista e allargava le ostilità’
contro la Turchia, occupando le isole del Dodecaneso; Grecia e Serbia
chiedevano l’indipendenza, i Balcani erano già in fiamme, due anni prima di
Sarajevo. La Libia era considerata uno “scatolone di sabbia”. La conquista di
Tripoli e la Cirenaica, si sperava che aprisse una porta all’ emigrazione.
Non andò così. La Prima Guerra Mondiale costrinse Roma a interrompere le
operazioni militari in Tripolitania e Cirenaica e resuscitare il nome imperiale
Libia. Con la sconfitta crollò l’Impero Ottomano, nacque Kemal Ataturk, cominciò,
Istanbul, ad essere la capitale di una guerra.