Alberto Pasolini Zanelli
Per quasi una settimana, Kiev è
stata la capitale politica d’America. Se non proprio “rubato”, ha preso in
prestito il ruolo di Washington. Nel palazzo d’America si è parlato di più e
con più passione (o ira) della “metropoli” ucraina. È come se Donald Trump fosse,
almeno temporaneamente, presidente di quel lontano Paese e non del suo dove si
sta già lavorando e battagliando delle elezioni presidenziali di novembre. I tempi
che il “supermagistrato” degli Stati Uniti ha concesso alla rissa dell’impeachment
un tempo più che generoso, tale da travalicare i confini di un mese e gli orari
quotidiani molto avari di pause. Si è parlato molto, concluso poco. Le ripetizioni
sono state (e prevedibilmente continueranno ad essere) dei chiarimenti. Accusa e
difesa hanno ripetuto le parole previste, non c’è stato nessun segno di “riavvicinamento”
o tregua. Le voci, queste sì, si sentivano in tutta l’America ma non hanno
portato novità. Gli “assalitori” di Trump hanno martellato le sue colpe, i difensori
ribadito le sue innocenze.
E Washington ha finito per assomigliare
a Kiev, fragile capitale di una patria antica e tormentata. Antica quasi quanto
il mondo. Delle sue terre e sponde, si parlava già ai tempi di Omero e delle guerre
greche. Se ne sono interessati i Romani. È da sempre il pezzo più orientale d’Europa.
L’hanno invasa e dominata i tartari, i turchi. Ci si sono spinti anche gli
svedesi in una guerra contro i russi, con l’appoggio dei cosacchi che ha prodotto
un epos in Gran Bretagna. Se ne è occupata attivamente una zarina più famosa
del suo dinamismo erotico. Da Sanpietroburgo è arrivata l’idea di costruirvi
una città moderna, piena di architetti italiani, inaugurata da un francese dal
nome famoso, Richelieu. La chiamarono Odessa e la riempirono, per modernizzarla,
di immigrati che avevano già assaggiato a casa l’industria moderna mentre gli
ucraini erano rimasti contadini. Seguì anche una guerra in cui si infilò pure
Cavour, spedendo i bersaglieri, nella sua strategia di “risvegliare” e unire l’Italia.
Durante la Prima guerra mondiale, l’Ucraina fu data in “affitto” alla Germania,
sconfitta la quale è dilagata la rivoluzione bolscevica, ricca di “invenzioni”,
fra cui quella staliniana di far morire di fame milioni di contadini ucraini
per evitare che quella sorte toccasse a degli operai russi. Gli ucraini la
presero male, al punto che nella Seconda guerra mondiale molti di loro si sono
schierati con i tedeschi. Innervosendo nuovamente Stalin, che ne fece deportare
milioni in Siberia. Morto lui, il successore al Cremlino fu un ucraino, Nikita
Krusciov, che ai compatrioti regalò il pezzo di Ucraina più prezioso: la Crimea.
Cioè lo sbocco al mare, togliendolo alla Russia, che tanto era tutta Unione Sovietica.
Sfasciata quest’ultima, arrivò al potere Putin, che non ha niente di ucraino:
anzi è una specie di “leghista”, cresciuto nella nordica Leningrado. Che non
avrebbe mai tollerato che si privasse la Russia di un così importante sbocco
sul mare: organizzò un referendum e gli ucraini in Crimea si rivelarono
minoranza. Maggioranza altrove, dove ci sono immigrati russi, buona scusa per
infiltrarvi l’armata di Mosca.
Che cosa c’entrano gli americani? Per
diversi motivi, fra cui la cura della indipendenza ucraina, un porto sul Mar
Nero e la prossimità al Medio Oriente. La capitale c’era già, ed è rimasta
Kiev, in cui affluirono rappresentanti dell’Occidente, soprattutto americani. Uno
dei quali è il figlio dell’ex vicepresidente Usa Joe Biden, ora senatore e
aspirante alla Casa Bianca che i sondaggi rivelano pericoloso per Trump, che è
venuto incontro al nuovo governo promettendo dollari e armi per l’esercito ucraino
nelle zone di frontiera con i russi. A quanto pare non sapeva del trasloco di
Biden jr. L’Ucraina indipendente è a quanto pare corrotta quanto la madre
sovietica. Voci si diffusero anche sul politico americano. Trump ci vide un’occasione
per indebolire la “mano” del rivale attraverso la pubblicazione di voci su suo
figlio. Quelli di Kiev rifiutarono, lui bloccò gli aiuti militari e ora è accusato
di avere promesso di riprenderli solo se il governo ucraino denunciasse le “scorrettezze”
e facesse i nomi. I suoi avversari politici definirono questo un ricatto e di
lì partì la “pratica” dell’impeachment. E Kiev si trovò di colpo al
centro dell’America.