Alberto Pasolini
Zanelli
Neppure questa
volta c’è un italoamericano fra i candidati alla Casa Bianca. La decina di
democratici è distribuita più o meno allo stesso modo, fra anglosassoni,
latinoamericani, africani in numero crescente. Più una nazionalità debuttante:
una gentile e bella signora, Amy Klobuchar, che viene dalla Lettonia, cioè
dalle rive del Baltico. Quanto ai repubblicani ce n’è in gara uno solo, un
fiero teutone di nome Trump. Ma appena si fa un passo indietro, non si può fare
a meno di scoprire che la novità politica e personale dell’America è questa
volta radicalmente italiana.
Non hanno l’ambizione
estrema e rischiosa di occupare la Casa Bianca, ma i discendenti dei nostri
connazionali si sono assicurati negli ultimi tempi quasi tutti i centri di
potere, nei partiti e nelle istituzioni. Ce ne sono decine (in questo caso più
frequenti fra i repubblicani) ma basta citarne una mezza dozzina. La presidente
della Camera è nota da tempo: Nancy Pelosi, antenati molisani, marito abruzzese,
eletta a San Francisco con l’80 per cento dei voti, ha riconquistato il più
alto seggio parlamentare che occupava prima e che per due anni le avevano
sottratto. La sua carica ha passato a lei il compito di deferire ufficialmente
il presidente Trump alla Corte congressuale che sta discutendo sull’impeachment.
Nancy lo ha annunciato con brividuccio nella voce, che qualcuno ha trovato di
sfida, ma nessuno dubita della sua femminilità. Anche perché ha cinque figli e
nove nipoti, che si porta dietro alla prima seduta di una Camera rinnovata e da
lei guidata. Ed è famosa anche perché ad ogni pubblica apparizione indossa
sistematicamente un vestito di un colore diverso dal precedente. La Pelosi è
democratica. Esattamente come il padre, Thomas D’Alessandro, che è stato sindaco
di Baltimora dal 1947 al 1956.
Si schiera,
invece, con i repubblicani il Segretario di Stato, Mike Pompeo, anch’egli di origini
abruzzesi e per di più imparentato di nome con Gneo Pompeo, rivale di Giulio
Cesare e “corresponsabile” della nascita dell’Impero Romano. Il Segretario di
Stato è l’equivalente europeo del ministro degli Esteri, ma la sua carica
controlla anche il governo nel suo complesso, facendone in questo caso uno dei
più stretti e potenti collaboratori del presidente Trump, come lui “falco”
intransigente e forse responsabile immediato dell’uccisione del generale
iraniano Soleimani. In sostanza anche “ministro della Difesa”, che una volta si
chiamava “della Guerra”.
Ma forse il più vicino
all’attuale inquilino della Casa Bianca è un altro “dei nostri”, il toscanaccio
Rudolph Giuliani, suo avvocato personale e in pratica capo di un ufficio legale
che in questi tempi di incombente impeachment è il più “intimo” di Trump,
così importante e attivo che l’ultimo numero del New York Times gli ha
dedicato un ritratto di ben trentadue pagine, anche se non proprio amichevoli.
Ancora “domestica”
la fauna politica di New York, equamente distribuita fra i due partiti. Il
governatore dello Stato è il democratico Andrew Cuomo, membro di una densa
famiglia italiana (metà campana, metà siciliana) e figlio del noto Mario (in
passato anch’egli governatore), nonché fratello di Chris è forse il più stimato
e famoso dei commentatori della Cnn. Completa lo schieramento “dem” della
Grande Mela, il sindaco Bill de Blasio, nato da padre tedesco ma madre di
origini campano-lucane: divorziati i genitori quando aveva 8 anni, nel 1983 ha
optato per il cognome della madre. de Blasio è l’unico ad avere avuto la
tentazione per la Casa Bianca, ma ha rinunciato ben presto, anche perché il suo
passato ideologico è alquanto sospetto per le frequentazioni estere, che
includono diversi colloqui con Fidel Castro e qualche visita a Mosca.
Questi gli italoamericani
di prima fila come cariche e come influssi. Ma ce ne sono molti altri nel crogiuolo
della politica di quest’anno. Sono venuti quasi tutti dal circolo degli amici
del presidente, che li assume molto volentieri. Per diversi mesi sono stati uno
spettacolo quotidiano con le loro dichiarazioni. Anch’essi prevalentemente provenienti
dal Sud Italia. Il più noto è stato Anthony Scaramucci, per un breve periodo
direttore della Comunicazione alla Casa Bianca. Uno dei più potenti è Cesare Frank
Figliuzzi, ex vicedirettore del controspionaggio presso l’Ufficio federale di
indagine. Non è certo che arrivino in carica alle elezioni di novembre per l’abitudine
che ha Trump di far ruotare spesso i collaboratori. Ma a novembre il turn over
potrebbe riguardare lui stesso.
Pasolini.zanelli@gmail.com