Translate

“Tutto bene”


Alberto Pasolini Zanelli

“Tutto bene”. Questo era stato il primo, secco commento del presidente americano e non si riferiva soltanto al “successo” per le sue superarmi nell’eliminazione fisica del leader militare iraniano, ma anche alle dimensioni della “risposta” del nemico con mezzi e ambizioni inevitabilmente più limitate. Poi sono affluiti sempre nuovi particolari non tutti incoraggianti. Non tanto per le dimensioni della “risposta” iraniana e neppure nelle sue “caratteristiche” geografiche. I governanti iraniani volevano colpire l’America soprattutto strategicamente e quindi avevano mirato su due obiettivi in Irak. Che non hanno però portato conseguenze né dimensioni belliche né di movimenti strategici. Gli americani avevano mirato al fulcro militare iraniano gli iraniani hanno mirato in risposta a zone strategiche e di frontiera, preparandosi a una ulteriore fase del conflitto, particolarmente sulle basi hanno anch’essi in Irak.

I “successi” sono stati limitati in entrambe le strategie, ma le conseguenze politiche hanno continuato ad estendersi. Sia sul piano meramente bellico (non c’è stata finora una vera escalation) ma soprattutto sul piano diplomatico e politico. La decisione di Trump (che i più ritengono frutto degli insistenti consigli del segretario di Stato Mike Pompeo (provvisoriamente diplomatico ma militare come esperienza e mentalità) non ha portato a capovolgimenti immediati di strategia, ma la seconda giornata seguita all’assassinio del capo militare iraniano Soleimani ha visto il crescere delle critiche, nel mondo politico di Washington e anche nelle reazioni internazionali. La più “lucida” è venuta da due voci: la decisione della Nato di ritirare le truppe dall’Irak e un giudizio fortemente negativo da parte del governo britannico, cioè da una nazione impegnata anche militarmente nel Medio Oriente.

Le voci americane sono più numerose naturalmente. Dei commentatori hanno definito Trump “il nostro pericoloso comandante in capo”, altri, soprattutto i militari di carriera, hanno definito la sua strategia come “dubbiosa, incerta, frettolosa e impulsiva”. “Manca di gravitas”, ha detto Joe Biden ex presidente gli Stati Uniti” E candidato alla successione di Trump. Questa è stata l’apertura di un nuovo fronte a Washington. Fra i critici più espliciti, il ministro della Difesa nell’amministrazione Trump, Henry Esper, ha formulato diversamente la strategia della Casa Bianca e la contraddizione in cui essa si porta delle leggi internazionali sui conflitti armati. La formula è stata ripresa da una critica che a suo tempo, il ministro Stinson, espose al presidente Truman in occasione del lancio delle bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki. Soprattutto, hanno ripetuto altri esperti, l’azione è in contrasto con l’identità dell’Iran, generalmente accettata nel mondo ma in particolare dalla conclusione della lunga e faticosa conferenza a conclusione della presidenza Obama condotta con successo dal Segretario di Stato John Kerry.

A queste critiche e ad altre di diverso genere Trump ha risposto finora, in quello che ha detto e in quello su cui ha taciuto, in una frase che non ha pronunciato ma riassume la sua posizione e le sue intenzioni. In sostanza, egli ha detto agli americani e all’America che “non sono affari vostri”. Ciò non eviterà, molto probabilmente, l’apertura di un serio dibattito in Parlamento, subito dopo o anche contemporaneamente con quello in corso sull’impeachment, che la maggioranza repubblicana in Senato che dovrebbe o vorrebbe chiudere in fretta ma che è tenuta viva dai democratici, soprattutto dalla presidente della Camera Nancy Pelosi. Con una sorpresa: l’annuncio del “falco ufficiale” dell’amministrazione Trump, John Bolton. Gli era stato richiesto di rispondere sotto giuramento alle domande che gli dovevano essere poste in Senato. Egli aveva dato un parere negativo, ma il dramma iraniano gli ha a quanto pare fatto cambiare idea e adesso egli ha annunciato che si presenterà e risponderà.