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Scandali e superburocrati, il flop della PA


Guido Colomba

Una serie di scandali che danneggia l'immagine dell'Italia. Eppure continuano. Dal giugno scorso, con l'arresto del Sindaco di Venezia, si sono susseguiti episodi gravissimi: l'Expo di Milano, la corruzione malavitosa a Roma (con la coda dello sciopero dei vigili), ed ora le Grandi opere pubbliche gestite dai "grand commis" dello Stato. Un drenaggio pari a decine e decine di miliardi. In media, solo nelle opere pubbliche, il costo finale rispetto alla media europea supera il 42 per cento. Il Censis dà l'allarme: "Arriva la ripresa ma è a rischio flop per una Pubblica Amministrazione inefficiente". Renzi è avvertito. Sta cercando di cambiare il Paese ma i grandi burocrati (e i loro amici) continuano a dominare. Il conto lo pagano i cittadini onesti, con l'aumento della pressione fiscale, e gli imprenditori, ostacolati dalle mille regole di una burocrazia ricattatoria. Siamo uno dei pochi paesi occidentali dove gli investimenti pubblici scendono (con il degrado delle infrastrutture) mentre la spesa corrente (oltre ottocento miliardi) continua a salire. La riforma della PA del ministro Madia è ferma al palo. Renzi deve capire che il gradualismo non porta a nulla quando sono in gioco le sorti del Paese. I condizionamenti politici sono pesantissimi. Si gioca al massacro secondo il detto "mors tua vita mea". Ma l'opinione pubblica è stanca di aspettare e di assistere a questa interminabile emersione di scandali "mormorati" e mai denunciati dalla classe politica. L'antipolitica nasce da questa situazione di colpevole omertà spesso accompagnata da pratiche regolamentari che conducono all'abuso del diritto. La Corte di Cassazione continua a emanare sentenze riconducibili all'abuso del diritto tra le quali l'obbligatorietà del contradditorio. Anche la riforma degli appalti è al palo rinviando di fatto il recepimento delle norme europee per disboscare questo intruglio nefasto: l'alto dirigente dello Stato sceglie a suo piacimento se stringere i lacci delle regole o se ricorrere al rinvio e all'inerzia (re: Sabino Cassese). Una prassi che rende i governi impotenti. Per non parlare di quei superburocrati che ottengono, come al Tesoro (Mef), una pluralità di incarichi nell'ampio perimetro societario pubblico. Non deve ingannare l'euforia dei mercati finanziari (+9% dall'annuncio del QE di Draghi mentre Wall Street è rimasta piatta) poichè la crisi greca incombe sul vertice europeo (oggi e domani) mentre aumentano i rischi legati alla terza guerra mondiale "a pezzi" preconizzata da papa Francesco nell'agosto scorso. Chi pensa che Grexit (uscita della Grecia dall'euro) sia gestibile o più gestibile che nel 2012 non contestualizza la situazione attuale che vede lo stesso governo di Londra pronto ad esaminare l'abbandono dell'Unione europea. Il Financial Times ha titolato "Give Greece a chance". Tsipras ha ricordato ai leader europei che voler imporre un avanzo primario del 4%, in aggiunta agli oneri del debito, significa puntare a un dramma umanitario che il governo greco non può certo avallare. Vi è una sola consolazione. Yellen e Obama, con il salvataggio dell'euro grazie al rialzo del dollaro, hanno dimostrato di voler impedire una implosione europea. Angela Merkel dovrà tenerne conto in tempi molto rapidi.