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Noi e l’Europa/Il paracadute che non c’è per il crollo dei redditi

Domenica 5 Aprile 2020 di Romano Prodi
Noi e l’Europa/Il paracadute che non c’è per il crollo dei redditi
Domani si sarebbero dovute sospendere le più severe misure di contenimento dell’epidemia da Covid-19 e, proprio domani, i nostri ragazzi avrebbero dovuto fare ritorno a scuola. Ogni allentamento delle misure invece è stato opportunamente rinviato e, altrettanto opportunamente, non si è definita alcuna data in cui questo possa avvenire. Tutte le sere attendiamo infatti una buona novella che ci annunci il crollo dei contagi. Da ormai diversi giorni arriva il messaggio che forse il peggio è passato, ma il calo della pandemia è purtroppo ancora ben lontano da quello sperato.
Un mese fa solo Cina e Italia erano nella tempesta. Adesso ci siamo tutti e le drastiche misure prese dall’Italia, non solo accolte dapprima con diffidenza, ma addirittura oggetto di ironia, sono ora diventate il punto di riferimento per tutti. Questo anche negli Stati Uniti, dove erano ritenute fuori dal mondo e dove ora si assiste a scene ancora più drammatiche di quelle che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo in Italia

Mentre riguardo ai nostri comportamenti personali si seguono ovunque nel mondo i consigli degli esperti sanitari che, esclusa fino ad ora la Svezia, ci spingono a limitare al massimo i rapporti interpersonali, non vi è invece una parallela convergenza sulle misure da prendere per evitare il collasso dell’economia. 
Per ora ci si limita a correggere, ogni giorno in peggio, le previsioni. Quelle che avevo raccolto e riassunto per i lettori del Messaggero, solo poche settimane fa, non valgono più niente. Mentre l’epidemia si sparge in tutti i continenti (escluso per ora solo l’Antartide) si parla oggi di crescita negativa dell’economia mondiale, di un’improvvisa e inattesa caduta dell’economia americana e di uno scivolamento ancora superiore di quella europea.
Se è inutile fare previsioni di quanto stiamo precipitando, è necessario tuttavia preparare i rimedi per attenuare i danni della caduta.
In economia siamo in una situazione opposta a quella della sanità dove ci siamo trovati di fronte a una causa sconosciuta, ma dove sono stati individuati e dettati comportamenti comuni. In economia invece conosciamo perfettamente l’origine del morbo e possediamo anche una collaudata esperienza nei confronti delle terapie che hanno avuto successo nelle passate crisi, ma non abbiamo alcun accordo sui comportamenti da adottare.
I Cinesi hanno già rimesso in moto le loro industrie ma, essendo grandi esportatori, si trovano bloccati dalla chiusura dei mercati internazionali. Il governo americano sta giustamente pompando potere d’acquisto oltre ogni misura, ma si chiude verso l’esterno e il suo sistema sanitario sembra costruito per peggiorare la situazione. L’Europa, infine, di fronte alla velocità del virus, procede all’andatura di una tartaruga ed ogni paese cammina in direzione diversa. 
Rispetto al quadro emerso dall’ultima inconcludente riunione del Consiglio Europeo, qualche passo in avanti è stato indubbiamente compiuto. Il patto di stabilità è ora diventato flessibile, sono stati riservati 100 miliardi di Euro per alleviare le conseguenze della disoccupazione, è stato reso meno rigido l’uso dei fondi strutturali e la Bce ha allargato il credito disponibile. È chiaro però che, nonostante queste misure, le differenze fra gli Stati che sono entrati indebitati nella crisi e quelli che vi sono entrati con migliori equilibri finanziari non potranno che aumentare.
Nei rapporti diplomatici degli ultimi giorni si sono infatti create le condizioni per cui i ministri delle finanze dell’Ecofin, chiamati martedì prossimo a prendere le misure per combattere la crisi, affineranno le decisioni elencate in precedenza, ma senza il coraggio (perché sostanzialmente senza il mandato) di aprire un nuovo capitolo nella cooperazione europea, anche se la crisi in cui siamo immersi non può essere certo imputata alla colpa di nessuno. Si alleggeriranno alcune delle rigorose “condizionalità” contenute nel Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità), ma non in modo tale da togliere la tutela politica nei confronti dei paesi che ottengono credito. Nonostante questi passi in avanti, il nostro paese, entrato nella crisi con maggiore affanno e con un peso debitorio superiore rispetto ai nostri partner, non sarà certo aiutato a recuperare la distanza nei loro confronti.
Olanda e Germania, anche per evitare la frattura fra Nord e Sud, che sarebbe anche per loro di grave pregiudizio, ammorbidiranno i toni e confermeranno gli impegni qui elencati ma, se non si farà un passo in avanti con una maggiore convergenza verso le direzioni sostenute dal nostro governo con la proposta di Bonds creati per alleviare i danni di questa imprevista e incolpevole tragedia, noi dovremo prepararci a gestire un dopo-crisi con un handicap non certamente inferiore a quello presente. 
Su questo avremo modo di riflettere insieme in futuro. Sia però ben chiaro che, rispettando i confini dettati dall’obbligo primario di proteggere la salute degli italiani, dovremo prendere subito tutte le decisioni necessarie ad impedire il crollo del reddito delle nostre famiglie e il fallimento delle nostre imprese: due processi che sono purtroppo già avviati e che procedono con una velocità impressionante.