Siamo
nati in un tempo fortunato. Figli della terza generazione di chi la Guerra non
l’ha vissuta sulla propria pelle ma l’ha solo sentita raccontare. Siamo l’ultima
platea silenziosa di una schiera di nonni, cantori omerici, che ci hanno
raccontato una guerra ai nostri occhi impalpabile. L’euforia con cui sono stati
vissuti gli anni della ricostruzione, delle conquiste e delle novità, riecheggiano
ora nella mia mente come se li stessi vivendo di luce riflessa. Il privilegio
dell’aver potuto ascoltare è, oggi più che mai, la nostra più grande ricchezza.
Aver appreso sin da bambina il significato e il valore della parola democrazia,
è per me un vanto irrinunciabile. Oggi come non mai mi chiedo se l’idea a cui
mi sono aggrappata tutta la vita non sia in realtà qualcosa di falso.
Il
virus Covid 19, ho ricreato oggi un nuovo ordine, o meglio disordine, mondiale.
Le certezze fondanti della cultura Occidentale e Democratica si stanno tuttavia
sgretolando sotto gli occhi di potenti, in un certo senso privati della loro
autorevolezza. La Pandemia ha portato con sé sensazioni ed emozioni con cui le
persone non facevano i conti da tempo. Tuttavia, mi sento un’osservatrice
privilegiata: capace di capire che il concetto di uguaglianza legato
all’istituzione di uno stato democratico, in realtà forse non esiste. Se da un
lato il Coronavirus è democratico e colpisce tutti indistintamente, i
trattamenti sanitari non lo sono per niente. Tanto più per un paese come
l’Italia che si vanta con il Mondo del suo sistema sanitario di matrice
egualitaria. Eppure, sapere di essere positivo al Coronavirus, in assenza di
sintomi, rimane privilegio di alcune caste elette. A quanto pare lo status di
VIP, calciatore o semplicemente “ricco”, nel nostro Paese conta di più di
quanto redatto dai Padri Costituenti.
Ecco
come, in un battito di ciglia, oltre settant’anni di belle parole e speranze,
svaniscono dietro la realtà dei fatti. La parola democrazia viene spazzata via,
annegata da quegli stessi politici che tanto l’avevano decantata. Le
istituzioni, prese dalla foga del trovare una soluzione, hanno vacillato e comunicato
al mondo la loro instabilità, le loro debolezze, la loro infinita paura, il
loro essere umani.
Il
mio cinismo di certo non aiuta. Quando intorno a te senti solo sirene di
ambulanze e vedi amici e conoscenti portati via, le ingiustizie che un tempo
sembravano sopportabili, lo paiono di meno. I tanto citati flash mob sui
balconi, rientrano perfettamente nell’ossimoro di un Paese che declama la sua
unità mentre, di fatto, trasforma un momento di raccoglimento nel peggio del
trash nazionalpopolare. Questo gesto, fatto senza portare rispetto per chi
soffre, chi sta morendo, chi lotta per salvare delle vite, è stato uno dei
punti più bassi di questa emergenza. Perché possiamo dirlo: non c’è niente da
festeggiare.
Ma
la Pandemia è anche questo. La guerra è anche questo. I racconti dei nonni ce
lo hanno insegnato. Le situazioni di difficoltà fanno emergere i lati più oscuri
delle persone e la mera volontà di sopravvivenza. La speranza a cui però
bisogna aggrapparsi è proprio quella della rinascita. I più grandi risultati in
materia di regolamentazione, i successi che hanno ispirato i più ampi modelli
democratici e le più alte vette in fatto di scoperte scientifiche e creative,
sono nati dopo i periodi di crisi più buia. Dopo il Chaos,
inevitabilmente, arriva il Cosmos: l’ordine.
La
considerazione che ripongo nella forza della mente umana è molta. Le persone,
indistintamente da religione, sesso, credo politico e orientamento individuale,
dovranno farsi forza e, come è successo ai nostri nonni, partendo dalle macerie
delle convinzioni più profonde, da ciò che rimarrà dei nostri animi annoiati e
afflitti, dovranno riconquistare il valore più grande: la libertà. E con
libertà non intendo solo il poter fare ciò che si vuole, la libertà è anche
decidere di rispettare liberamente i doveri che una società dichiaratamente
democratica ci impone. Libertà è sapere dove iniziano e dove finiscono i nostri
diritti. Libertà è spingere il nostro ingegno più in là di quanto avessimo mai
pensato per ricostruire il mondo che ci è stato donato e di cui non abbiamo mai
capito veramente i valori.
Per
questo motivo da classicista, innamorata delle parole e dei pensieri, non posso
far a meno di farmi tornare alla memoria una delle citazioni dantesche che mi
ha sempre più affascinato.
“Considerate
la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.
Il
Ventiseiesimo Canto dell’Inferno è dedicato a coloro che, peccando di ὕβϱις -hýbris-, utilizzarono l’ingegno per raggiungere i
loro obiettivi. L’ingegno non è un dono di Dio, esso è la più grande dote del
genere umano. L’Inferno terreno che oggi ci troviamo a vivere, sarà salvato
soltanto da coloro che faranno della loro più grande dote, un mezzo al servizio
della rinascita, andando oltre i propri confini interiori, oltrepassando i
limiti che da sempre ci siamo imposti.
La nostra memoria sarà anche questa.
Lisa
Finetti
(Studente del MICRI-IULM)
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Caro Oscar,
ci appare l’Essere e ci spaventiamo.
Un abbraccio,
Marco
_____
Ti risulta che ci siano istituzioni democratiche ?
Dove ?
Sono curioso .
Vincenzo
NMREC
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Caro Oscar,
ci appare l’Essere e ci spaventiamo.
Un abbraccio,
Marco
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Ti risulta che ci siano istituzioni democratiche ?
Dove ?
Sono curioso .
Vincenzo
NMREC
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Grazie mille caro Oscar.
Sono considerazioni molto lucide che danno spunti per il presente e fiducia per il futuro; mi sono permesso di condividerlo con amicizie intime .
Spero voi stiate tutti bene.
Dammi notizie.
Un caro saluto ,
Alfonso