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Questa crisi costringerà i Paesi europei a collaborare sul serio


I bond europei: l’incognita di tempi e cifre ma il passo in avanti c’è
Articolo di Romano Prodio su Il Messaggero del 25 aprile 2020
Ho sempre avuto la ferma convinzione che, nell’Unione Europea, i passi in avanti si sarebbero potuti compiere solo in presenza di una grave crisi. Ho dovuto ricredermi in occasione del precedente collasso finanziario, per effetto del quale i rapporti tra i paesi europei, invece di creare momenti di solidarietà, si sono progressivamente incattiviti.
Da qualche ora mi sta nascendo il sospetto che questo maledetto Coronavirus possa farmi ritornare verso le mie antiche convinzioni.
Non che nella postmoderna teleconferenza del Consiglio si siano avuti radicali cambiamenti di rotta ma, oggettivamente, ci siamo trovati di fronte alla definitiva approvazione di misure positive già in precedenza discusse e, soprattutto, si sono preparati passi in avanti che, se messi in atto, possono segnare l’inizio della ripresa del cammino di cooperazione europea.
Anche se non si è certo arrivati ad un clima di fraterna condivisione, si è negli ultimi giorni creata un’atmosfera più costruttiva, generata in modo determinante dal peggioramento delle previsioni riguardanti le economie dei paesi europei. Soprattutto dei paesi più a rischio, tra i quali l’Italia.
Sono state di conseguenza rese definitivamente operative le precedenti decisioni riguardanti la Costituzione di una specie di Cassa d’integrazione Europea (Sure) con una dotazione complessiva di 100 miliardi di Euro. Si è in parallelo confermata l’entrata in funzione del Mes senza i precedenti condizionamenti e si sono infine sbloccati, da parte della Bei, 200 miliardi a favore delle Piccole e Medie Imprese.
Sommando il tutto si arriva a 540 miliardi di Euro di crediti aggiuntivi a disposizione del sistema economico europeo: una cifra inferiore agli oltre 2000 miliardi riversati in diversa forma nell’economia americana ma, comunque, senza precedenti in Europa. Anche perché questi aiuti all’economia si sommano alle provvidenze decise dai singoli paesi.
A questo si debbono aggiungere i massicci acquisti di titoli di debito da parte della Banca Centrale Europea e la decisione, della stessa Banca, di comprare anche titoli gravati da un giudizio negativo da parte delle società di rating.
Tutto questo può fare tirare un respiro di sollievo all’Italia, anche se si tratta di debiti che, pur essendo caratterizzati da un tasso inferiore a quello di mercato, aumentano il peso del nostro debito e debbono quindi essere restituiti.
L’inizio di un vero cambiamento di rotta sta nella decisione di costituire un nuovo fondo in aiuto della ripresa, il Recovery Fund. Un fondo che dovrà essere gestito non dal Consiglio (che vota all’unanimità) ma dalla Commissione (che vota a maggioranza) il che comporterà, di conseguenza, il raddoppio del suo bilancio pluriennale. Come ha dichiarato la Presidente della Commissione, con questo fondo si potrà mobilitare una somma certamente superiore ai 1000 miliardi di Euro: il tutto ci fa avvicinare a quanto è stato versato da Trump nell’economia americana.
A questo punto si aprono alcuni interrogativi sulla messa in atto di questa decisione.
Il più importante di questi riguarda quanto di questo Recovery Fund sarà costituito da crediti e quanto da finanziamenti a fondo perduto. Vi saranno discussioni a non finire, ma da quanto si può dedurre dal combinato disposto delle diverse prese di posizione in seno e al margine del Consiglio, una parte non minore sarà costituita da contributi a fondo perduto, creando in questo modo un elemento di grande novità. Su quanto ammonteranno le somme destinate a non essere restituite e quanto invece saranno a prestito si discuterà nelle prossime settimane, ma il ritorno ad un veto assoluto nei confronti della condivisione del debito mi sembra ormai molto difficile.
Il secondo problema riguarda il tempo entro il quale il Recovery Fund verrà costituito. Non è un fatto di secondaria importanza perché la decisione deve arrivare prima che l’aggravarsi della crisi renda ancora più lontana la già difficile ripresa dell’economia europea.
Le incertezze sulle decisioni da prendere sono quindi ancora molto pesanti, ma se continua a funzionare la strategia comune felicemente iniziata fra Italia, Francia e Spagna (alla quale si sono aggiunti numerosi altri paesi) ben difficilmente si potranno percorrere strade diverse rispetto a quella tracciata giovedì scorso nella teleconferenza del Consiglio. D’altra parte la Presidente della Commissione può avere accettato l’incarico di proporre un’ipotesi di compromesso fra le posizioni dei paesi del Nord e di quelli del Sud solo se convinta di avere in mano un effettivo spazio di mediazione. Non è difficile pensare che la Cancelliera tedesca sia stata l’unica in grado di fornirle questa garanzia.
Gli ostacoli tecnici e politici che debbono essere superati sono quindi ancora molti, ma gli eventi di questi giorni ci portano a pensare che questa crisi possa aprire finalmente le porte a un processo di collaborazione solidale fra i diversi paesi europei. Una collaborazione che, anche se ha avuto inizio da uno stato di necessità, non può che costituire un precedente per il futuro.