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Dalla lettera di Matteo Renzi


Referendum. Quinto passaggio per le riforme costituzionali mercoledì 20 gennaio, stavolta al Senato. Poi il voto finale alla Camera ad aprile e dunque il referendum a ottobre. Mi fa sorridere l'atteggiamento di chi dopo averci accusato di aver concepito riforme nel chiuso delle stanze del potere, adesso ci contesta il referendum:"Volete il plebiscito!". Mi verrebbe voglia di dire: ragazzi, mettetevi d'accordo con voi stessi. Se votiamo in Parlamento, siamo autoreferenziali; se votiamo nel Paese, siamo plebiscitari. In realtà dare la parola al popolo per la scelta definitiva è un dovere. Saranno i cittadini ad avere l'ultima parola. E io ho già preso il solenne impegno di essere conseguente: se perderemo il referendum, lascerò la politica. In Italia la cosa fa notizia perché chi è al potere, di solito, non lo lascia neanche sotto tortura. Ma il potere ha un senso se ti permette di fare le cose, di cambiare il Paese. Non serve stare al potere perché nulla cambi. L'etica della responsabilità prevede che se uno perde, perde. E non può dare la colpa agli altri. Abbiamo avuto una classe politica campionessa mondiale di alibi, sempre pronta a trovare un buon capro espiatorio. Quel tempo è finito. Se dopo aver cambiato la legge elettorale, le tasse, il lavoro, la scuola, la pubblica amministrazione, la giustizia civile gli italiani vorranno mandarci a casa, è loro diritto farlo. Ed è mio dovere prenderne atto. Non siamo più ai tempi in cui le poltrone erano per sempre. Detto questo, io il referendum vorrei vincerlo. Perché credo che semplificare l'Italia sia l'unico modo per renderla più giusta e efficiente. E dunque farò di tutto perché i Sì siano tantissimi. Mi date una mano?

Matteo Renzi