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Tarantino Grand Guignol

Kurt Russell and Samuel L Jackson in The Hateful Eight.

Il Grand Guignol di Parigi e' stato per decenni il punto di riferimento per gli amanti dell'orrore e della violenza. Chiuse nel 1962 perche' la realta' della Seconda Guerra mondiale aveva superato di gran lunga le invenzioni degli autori delle pieces che facevano svenire almeno due spettatori a sera, senza contare quelli morti per lo shock.

Ma il Grand Guignol ha fatto testo poi nel mondo. Numerose le imitazioni che ne portavano il nome, da Londra a Los Angeles, da Tokio a MIlano. Non si contano le compagnie teatrali  che si sono ispirate al genere in molti casi usurpandone l'appellativo.

Non sappiamo se il regista Quentin Tarantino sia stato un cultore del Grand Guignol. Ma dopo essere sopravvissuti a quasi tre ore di violenza pura nella doverosa visione del suo "The Hateful Eight" ci chiediamo quali siano le motivazioni intellettuali e psicofisiche che animano i giorni e forse le notti di questo conclamato regista.

Si legge che Tarantino e' un avido cultore degli spaghetti western ed in particolare dei film di Sergio Leone.

Ma c'e' una differenza: il genere italiano si distingueva per una sottile ironia che pervadeva ogni prodotto e l'accentuazione degli spigoli dei caratteri che in molte occasioni li riduceva a divertenti macchiette esagitate.

Nei film di Tarantino invece la violenza assurge a esemplare modo di vita intorno al quale si vanno dipanando ed accorpando tutte le vicende della storia.

In questa ultima fatica del movie director di Los Angeles lo spettatore e' sommerso da una alluvione di sangue spruzzato , morti ammazzati a ripetizione, urla, sovrabbondanza di menzogne, avidita', spregio delle piu' elementari regole del convivere che alla fine (almeno per chi scrive) sono non solo un deja vu, e conducono al tragico sbadiglio.

Per scatenare l'orrore non occorre spendere qualche decina di dollari per andare a vedere Tarantino al cinema. Basta guardare la foto dei boia islamici che calano la scimitarra sul collo dei condannati.

Con 'Pulp Fiction' il tutto si risolveva nella classica ora e mezzo di proiezione. Qui invece tre ore sono una tortura a pagamento nonostante la riscoperta della bellezza del Panavision in 70 millimetri.