Guido Colomba
Resta il nodo della deflazione
sulle scelte della Bce. Si da per scontato che anche quest'anno il
"Quantitative easing" della Bce, espressa in acquisti di titoli di
Stato dell'eurozona, sarà superiore alle emissioni nette dei principali
Stati, Italia compresa. Il gap tra Bund e Btp potrebbe scendere e riportarsi
ai livelli (55 basis points) del 2008-2009. Ma il quadro geopolitico sta
cambiando e non alimenta questa previsione. La crescita (Pil) della Cina per
i più ottimisti si fermerà al 6% in una sorta di "soft landing". Se
invece si depura l'effetto statistico "politico" si giunge a un
outlook reale del 4%. Ed è quello che i mercati stanno scontando nonostante
la strenua difesa della banca centrale cinese. Con il petrolio sotto quota 30
dollari, il "fair value" dei mercati azionari difficilmente potrà
essere soddisfacente anche perchè gli utili delle società dello S&P sono
attesi in calo del 5,7%. Tutto ciò riporta alla politica economica della
eurozona ed alla paradossale polemica tra Juncker e Renzi. Uno scontro che
distrae dal problema centrale costituito dal ruolo della Merkel, entrata in
rotta di collisione con Washington specie con il raddoppio del gasdotto
(Nordstream) con la
Russia. La verità è che la
Commissione di Bruxelles ha di fatto ricattato il sistema
creditizio italiano vietando l'utilizzo del fondo interbancario (totalmente
privato) e costringendolo ad anticipare il bail-in per creare le condizioni
di una svendita degli asset bancari di molte banche italiane a cominciare da
Mps (oggi -14,7%, capitalizza un quinto del patrimonio netto) che costituisce
un boccone ghiotto per molti fondi esteri. Non solo non vi era alcuna
necessità, nel salvataggio delle quattro banche (Banca Marche, Banca Etruria,
Banca Ferrara e Carichieti), di coinvolgere gli obbligazionisti ma lo stesso
conferimento delle sofferenze bancarie (non performing loans- Npl) ad una
media del 18%, rispetto ad una media di mercato del 40%, costituisce una
stangata unilaterale di Bruxelles. Non a caso oggi la
Borsa di Milano è la peggiore d'Europa (-2,65%) con il
settore bancario in chiara difficoltà. La crisi europea si tinge anche del
"giallo" sollevato dall'entourage di Juncker il quale sostiene che
con Roma manca "un interlocutore".
Premesso che la Banca
d'Italia ha sempre respinto con documenti ufficiali questa politica
creditizia germano-centrica, vi è da sottolineare che da otto mesi il
ministro dell'economia Padoan ha cercato invano di ottenere semaforo verde al
progetto di "bad bank" cui conferire i NPL (pari a 201 miliardi, il
triplo della media europea). Per ottenere questo risultato il governo
italiano ha preventivamente cambiato le regole concorsuali per creare un
mercato secondario dei NPL e rendere più semplice il recupero dei crediti da
parte degli acquirenti. La crisi geo-politica, riflessa nella guerra
valutaria dei Brics, ha fatto esplodere il bubbone. La politica del surplus
commerciale di Berlino è entrata in crisi. L'economista Luigi Zingales
(re:Corsera 14 gennaio) è stato esplicito:"questa tensione nasce da
interessi nazionali divergenti". E cita il pesante avanzo commerciale
tedesco nei confronti di tutti i partner europei in violazione del
"fiscal compact". Vi è un altro aspetto che penalizza le banche
italiane cui si vuole aggravare il calcolo dei derivati in portafoglio (con
una leva ridotta a quattro volte) mentre per i derivati in possesso delle
banche nord-europee si offrirebbe un calcolo matematico basato su algoritmi,
decisamente più leggeri. Ma questa guerra interna alla Ue rischia di far
morire l'Europa.
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