Federico Rampini per la Repubblica descrive perfettamente quello che sta accadendo negli Stati Uniti
Dalla
Quinta Strada di Manhattan fino alla provincia profonda del Minnesota,
il paesaggio urbano degli Stati Uniti è sconvolto da una nuova
rivoluzione. Un' ecatombe di negozi, grandi magazzini, centri
commerciali, decimati dall' avanzata inesorabile del commercio online.
La crisi è profonda e non ha solo una dimensione economica: investe un
business che è anche un simbolo dell' American Way of Life, uno stile di
vita, perfino un luogo di aggregazione sociale. Dai tempi del film
retrò American Graffiti un rito iniziatico dell' adolescente americano
era l' uso dell' automobile per andare a incontrare i suoi coetanei nei
piccoli centri commerciali di provincia, le prime concentrazioni dove si
univano supermercati, fast food, cinema all' aperto.
Negli
anni Cinquanta nacquero i primi shopping mall, cattedrali nel deserto
dell' America profonda, che attorno al consumismo costruivano occasioni
d' incontro, un modo per riempire il tempo libero, una caricatura
ipermoderna delle piazze medievali del Vecchio Continente. Nel 1962 Sam
Walton cominciò l' avventura di Walmart, gli ipermercati che a loro
volta hanno incarnato per decenni un American Dream fatto di carrelli
della spesa extra large e strapieni, Suv caricati a buon mercato, grazie
allo "sconto cinese". Ora tutto questo sta tramontando a una velocità
impressionante.
Fotografi
e artisti amanti del macabro percorrono l' America in cerca di shopping
mall in bancarotta, le nuove "ghost town" del nostro tempo, città
fantasma, colossi abbandonati per mancanza di clienti. La middle class
di "Suburbia", come vengono definiti i quartieri residenziali delle
periferie, con le loro villette monofamiliari, i giardini e il garage,
sta perdendo il gusto di quelle spedizioni familiari che nel weekend
avevano una destinazione favorita, lo scintillante shopping mall dove
ciascuno ne trovava per i suoi gusti.
Ora
nella villetta monofamiliare ciascuno se ne sta chiuso in camera sua, a
dialogare sui social media, o a ordinare su Amazon. Un camioncino dell'
Ups fa tappa davanti all' uscio di casa per lasciare una pila di pacchi
delle consegne a domicilio. E gli shopping mall, deserti, falliscono
uno dopo l' altro. Non solo loro. Tutta la grande distribuzione, dalle
boutique di lusso ai supermercati ai grandi magazzini, vive la stessa
angosciante decadenza proprio nel Paese che l' aveva inventata.
È
anche il paesaggio dei centri cittadini che rischia di essere
irriconoscibile entro breve, se i consumatori rimangono a casa per fare
la spesa chi andrà ancora in giro a guardare le vetrine? Si salvano
ancora quei magneti del turismo globale che possono compensare la
scomparsa del consumatore locale con le frotte di cinesi e russi,
italiani e francesi: per adesso questo sta salvando luoghi come la
Quinta Strada e Soho a Manhattan, o Beverly Hills a Los Angeles. Che
però assomigliano sempre di più al duty free dell' aeroporto di Dubai,
stesse griffe, stessi marchi, la scomparsa di qualunque riconoscibilità
locale.
L'
ultimo bollettino di guerra (per ora) narra dei 170 negozi chiusi da
Bebe, un marchio di moda che sembrava lanciatissimo ancora pochi anni fa
ed ora si riconverte per vendite solo online. La catena di moda per
adolescenti Rue21 chiude 400 negozi su 1.100. Sono due esempi fra tanti
in un settore delle vendite al dettaglio che qui in America ha visto
8.600 chiusure solo nel primo trimestre di quest' anno: peggio che
durante la grande crisi del 2008. Eppure stavolta non siamo in
recessione, tutt' altro. Quel che accade è dovuto a un cambiamento
repentino di abitudini e comportamenti tra i consumatori.
L'
intero mondo della distribuzione "fisica", con punti vendita su strada,
dagli shopping mall alle boutique di nicchia, ha eliminato 50 mila
posti di lavoro dall' inizio di quest' anno e siamo solo ai prodromi del
disastro. Secondo uno studio di un' azienda immobiliare specializzata
negli shopping mall, la Ggp, i centri commerciali per ri-dimensionarsi
su misura della spesa attuale dovrebbero chiudere il 30% dei loro spazi e
licenziare quasi cinque milioni di persone. È un atto di morte, nella
nazione che aveva inventato il modello e lo aveva esportato nel resto
del mondo.
E
ancora c' è spazio di crescita per il commercio online. Le vendite su
Internet sono ancora sotto il 10% del totale e già hanno provocato
cotanto sconquasso. Figurarsi cosa può accadere in futuro. Il modello di
partenza lo hanno offerto libri, Cd e video, dove l' avanzata di Amazon
e dei suoi emuli fu formidabile, al punto che oggi in quei settori
oltre il 60% delle vendite sono online. Seguono la stessa curva di
apprendimento il settore dell' elettronica e delle forniture per uffici,
già vicini al 40% di vendite su Internet. Stanno facendo la stessa fine
i giocattoli per bambini, forse perché la rinuncia a visitare di
persona i negozi ha sollevato i genitori da uno stress?
Ogni
luogo comune ha vita effimera, si diceva che mai ci saremmo rassegnati a
comprare vestiti e scarpe senza provarli fisicamente, e invece è questo
uno dei settori di maggior crescita delle vendite online. Anche qui
Amazon ha fatto da pioniere ma molti applicano la ricetta: velocità
delle consegne, facilità nel restituire la merce di cui non si è
soddisfatti e ottenere l' immediato rimborso. Amazon è arrivata in
ritardo nell' ultima frontiera che è la spesa per alimenti freschi, ma
ora cerca di recuperare il terreno con l' acquisizione dei supermercati
salutisti Whole Foods. Nomi gloriosi come Macy' s e Penney, icone del
consumismo americano, attraversano crisi esistenziali dagli sbocchi
incerti. E la nuova geografia delle città salpa verso destinazioni
sconosciute.