Alberto Pasolini Zanelli
È imminente il vertice a due fra
Vladimir Putin e Donald Trump, in campo almeno teoricamente neutro, in casa di
Angela Merkel. Era da tempo necessario, visto il progressivo deterioramento dei
rapporti russo-americani, ma almeno ora, non è più la speranza e tanto meno la
preoccupazione del giorno. Chi teme una guerra non tanto tanto fredda fra
Washington e Mosca è costretto a metterlo in secondo piano per seguire con
allarme e perfino con incredulità la guerra, neppure tanto fredda, che si sta
svolgendo in America e i cui tempi e modi sono stati così riassunti da un
grande giornale nazionale: “Sono tutti infuriati con ciascuno”.
Non si è mai vista una campagna
elettorale di tono così aspro e violento, con la differenza che questa in corso
non è una campagna elettorale (quella si è conclusa sei mesi fa), ma uno sfogo
per il suo risultato e ancora di più per come i partiti più opposti ormai che
concorrenti gestiscono quella che dovrebbe essere una base di riflessione che
conduca (così è l’abitudine di questa grande democrazia) ad un armistizio e a
un dibattito costruttivo. I protagonisti, invece, si aggrappano tuttora alle
polemiche di prima del voto, la cui asprezza cresce di giorno in giorno in un
modo singolare. Ci sono contrasti di programmi, anche importanti e urgenti,
dalla politica estera alla battaglia per la riforma della legislazione medica,
alla ristrutturazione del sistema fiscale, ma non sono più questi argomenti a
prevalere nei dibattiti e nelle reazioni dell’opinione pubblica. Tutti sembrano
o sono, proprio così, arrabbiati con tutti.
Quello che sembra urlare di più,
forse non soltanto perché ha più voce, è l’inquilino della Casa Bianca, che
sembra non essersi ancora seduto sulla poltrona del comando e dalla sala ovale
sembra comportarsi più o meno su un ring. Ogni giorno un episodio. Non è chiaro
se sia sempre lui a cominciare, ma l’impressione è che sia lui a prevalere
nella maggioranza dei casi e almeno nei tempi brevi. Molto simile, se non
uguale, è la strategia dell’opposizione, che è fondata appunto su una
provocazione quasi senza soste e senza confini. Certo è Trump che fornisce le
occasioni e sembra godersele quanto più sono aspre e spesso estranee a quello
che dovrebbe essere in questa fase il suo compito e il dovere dell’opposizione.
L’ultimo episodio è stato il più
pittoresco: la rievocazione di uno scontro pugilistico di parecchi anni fa fra
un giornalista e un imprenditore che, almeno in apparenza, neppure si sognava a
quell’epoca di iniziare una carriera politica con una meta alla Casa Bianca. Ha
raccontato per immagini e con certo orgoglio non senza precedenti in lui, di
essersi accapigliato con un reporter e di averlo quasi messo ko. C’è stato un
momento di indignazione generale, le reti televisive hanno “sparato” la notizia.
Poco dopo si è appreso che il match era autentico, ma di dieci anni fa e
quindi, pur come un episodio singolare, non ha nulla a che vedere con i
programmi politici di oggi e neppure con la sempre più aspra polemica fra il
presidente degli Stati Uniti e quella che lui definisce la banda delle bugie,
stampa e televisione. Ci sono alcuni precedenti freschissimi. La scazzottatura
fra un candidato repubblicano e un reporter d’assalto, finito ko. A poche ore
di distanza Trump, o uno dei suoi consiglieri, ha ritenuto che fosse suo dovere
o almeno interesse ritirare fuori l’episodio antico, come per dimostrare che il
fisico del presidente è ancora robusto e che si sa difendere anche con le
braccia e i pugni oltre che con le frecciate sempre più insistenti che egli scocca
attraverso i social network.
Non si è ancora placata l’eco di
una sola osservazione su una intervistatrice che potrebbe essere anche
innocente e perfino riguardosa ma che i precedenti indicano come indiscreta e “antifemminista”.
L’atmosfera è comunque adatta alle gaffe da ambedue i fronti a un ritmo
crescente. Ci sono, certo, delle diversioni, anche pittoresche, come il
dibattito fra scienziati a proposito della capacità dei cani di condurre terapie
per alcune categorie di malati. Novità indiscutibile, ha retto le prime pagine
per un paio di giorni. Adesso come distrazione si aspetta Putin.