A questa posizione, il più provinciale, e il meno preparato, degli uomini eletti da Woodrow Wilson a Barack Obama, Donald Trump, ha deliberatamente rinuciato, arrivando a raccontare l'America come la vittima di un sinistro complotto internazionale per defraudarla con il pretesto della difesa ambientale e addirittura come lo zimbello "che ha fatto ridere di noi". Ma nessuno ha mai "riso" dell'America. Se nel mondo si ride, si ride di Trump, non dell'America.
Ma il senso di questo annuncio, che non cambierà molto perché tutte le principali corporation americane, da Microsoft alla General Elelectrica, dalla Exxon alla Disney hanno già annunciato che continueranno nella loro scelta "verde" (persino i petrolieri, che tutto vogliono meno che assistere al ritorno della concorrenza del carbone) non è ecologico. È politico.
È il segnale che l'America ha abdicato, con Trump, all trono che essa stessa si era costruita nel secolo cominciato quel giorno di aprile del 1917, quando il Senato votò la dichiarazione di guerra alla Germania imperiale.Che è tornata a essere un attore in cerca di ruolo, non più il regista, un piccolo Paese con un formidabile forza armata, una piagnucolosa, vittimista e paraonica nazione che si vede assediata da nemici decisi ad "approfittare" di lei, come lamenta Trump con il tono del bottegaio che protesta per la concorrenza sleale del negozio accanto.
Chi e che cosa - se una singola nazione o un concerto di nazioni meno stonato della Unione Europea - salirà sul trono lasciato vacante dal superpalazzzinario di Queens, se comunque il secolo americano sarebbbe finito nell'emergere di altre potenze inimmaginabili appena qualche decennio fa, come Cina o India. Ma qualcosa sappiamo: non ci sarebbe nessuna Festa della Repubblica, il 2 giugno in Italia, se nel 1943, come nel 1917, le truppe americane con i loro Alleati, non fossero sbarcate in Sicilia per demolire la monarchia e il fascismo.