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Senza governo stabile l’Italia non aggancia la ripresa


 
L’incognita urne – Senza stabilità questo Paese non aggancia per la ripresa

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 4 giugno 2017


Due sono gli avvenimenti economici della scorsa settimana che contengono una forte valenza politica: la relazione del Governatore della Banca d’Italia e l’improvviso riaprirsi del caso Fincantieri-Francia.
Sul primo punto la Banca d’Italia ci dice che l’economia mondiale procede abbastanza bene, quella europea migliora e quella italiana sembra finalmente dare segni di risveglio, anche se rimane ancora lontana dalla media europea.
La nostra economia, pur rimanendo nella parte bassa della classifica europea, cresce ad un livello più alto rispetto alle precedenti previsioni governative.
Se le cose procedessero come si presentano ora la crescita del PIL italiano nell’anno in corso potrebbe arrivare all’1,2%, dato largamente inferiore a quello medio degli altri paesi europei ma non più fanalino di coda, in quanto superiore anche a quello dei cugini francesi che, tuttavia, sono sono stati rallentati da una lunga ed estenuante battaglia elettorale. I nostri dati sono quindi in miglioramento, anche se non facili da interpretare perché fondati solo sul settore terziario e sui consumi, mentre restano deboli gli investimenti e la produzione industriale.
Abbiamo quindi bisogno che la politica rinforzi questa ripresa perché il nostro PIL è ancora inferiore del 9% rispetto al 2007 e la produzione industriale di quasi il 30%, mentre gli altri paesi europei sono cresciuti di oltre il 5%. Occorre quindi una lunga azione di risanamento che, come scrive il governatore, ci porti in dieci anni, attraverso un costante avanzo primario del 4%, a ridurre il rapporto fra Debito e PIL intorno al 100%.
Ovviamente non si può aspettare 10 anni per tranquillizzare i nostri partner e i mercati finanziari: è quindi necessario cominciare subito con una strategia credibile.
I messaggi che il nostro mondo politico sta inviando non vanno in questa direzione perché quasi sempre l’avvio di una campagna elettorale influisce in modo negativo sui consumi e sugli investimenti.
Si può rispondere che prima o poi la campagna elettorale deve cominciare ma la decisione di anticipare il voto diventa ancora più rischiosa perché si accompagna ad un’assoluta incertezza sui risultati delle elezioni. Una campagna elettorale che, inoltre, si svolge in concomitanza di una pur timida disponibilità da parte tedesca a ipotizzare l’inizio di una politica di condivisione del debito nell’Eurozona, purché, come ha affermato Schäuble, essa sia accompagnata da un credibile processo di risanamento. Processo che viene invece messo in dubbio da numerosi osservatori, convinti che la principale spinta all’anticipo elettorale sia dettata dall’obiettivo di rinviare le dolorose decisioni che sempre accompagnano i processi di risanamento. Se, come sottolinea lo stesso governatore, non vi può essere risanamento senza crescita, ci auguriamo che non si verifichi l’abituale rallentamento pre-elettorale dell’economia.
Rallentamento invece assai probabile, soprattutto se si tiene conto dell’attuale incertezza sull’esito del voto.
Il sostegno alla ripresa ha quindi bisogno di un orizzonte politico rassicurante anche perché Francia e Germania già lavorano per costruire, dopo le elezioni tedesche, nuove strategie e nuove regole per l’Europa. Strategie e regole dalle quali l’Italia non deve essere estraniata a causa della propria debolezza politica.
Viene spontaneo, a questo proposito, riflettere sul secondo avvenimento della settimana, cioè l’annunciata riapertura del caso Fincantieri su cui la precedente Presidenza francese si era dimostrata d’accordo solo poche settimane fa.
Partiamo dal fatto che i cugini d’oltralpe hanno aumentato la loro presa nell’economia italiana in una misura senza confronti e senza precedenti. In questa sede ci basta ricordare gli acquisti nel settore bancario e finanziario (a partire dalla Banca Nazionale del Lavoro e Cariparma), nelle più famose imprese di alta moda e dei beni di lusso, la conquista della maggiore azienda del settore lattiero-caseario (Parmalat), una presenza prevalente nel gigante dell’occhialeria mondiale (Luxottica) e, proprio negli ultimi giorni, perfino il controllo della maggiore azienda telefonica italiana (Telecom-Tim). Quest’ultimo evento ha un enorme significato economico e politico: eppure non ha provocato alcuna reazione da parte italiana (è il mercato bellezza)!
Tuttavia quando la nostra Fincantieri ha manifestato l’intenzione di acquistare dai coreani la maggioranza dei cantieri francesi (Stx) per costruire finalmente un gruppo europeo capace di fare fronte alla concorrenza asiatica, i nostri cugini d’oltralpe (forse perché i coreani sono più europei degli italiani) hanno preteso, dopo una lunga trattativa, che il governo francese mantenesse una minoranza di blocco pari al 33%. Tutto questo non sembra però essere sufficiente al neo-eletto Presidente che, messo sotto pressione per le imminenti elezioni politiche, vorrebbe che gli azionisti italiani scendessero al di sotto della maggioranza assoluta delle azioni.
Anche se sono un sostenitore ad oltranza della necessità di costruire strutture economiche europee sufficientemente forti per avere una voce nel mondo, ritengo che questo processo vada portato avanti con i necessari limiti ed equilibri, dei quali si deve tenere conto anche nei pur fraterni rapporti fra Italia e Francia.
E, nondimeno, dobbiamo essere tutti consapevoli che questi limiti e questi equilibri possono essere garantiti solo da una stabilità politica che l’Italia può mettere in atto unicamente con governi credibili e capaci di durare per un’intera legislatura.