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Lui ha detto, l'altro nega

James Comey
Abbiamo seguito  in televisione le due ore  della "grigliata" del licenziato direttore dell'FBI, James Comey al senato (dalle 10.09 alle 13). Migliaia di bar in tutta la nazione hanno fatto soldi ospitando persone interessate a seguire questa vicenda washingtoniana che si inserisce a pieno titolo nella  subcultura di grande successo di House of Cards.

A noi questo James Comey non è particolarmente simpatico. Ricordiamo la sua dichiarazione del 5 luglio del 2016 che sciorino' l'accusa  rivolta alla Clinton di avere gestito su conti personali affari di Stato riferiti alla sua  esperienza di ministro degli esteri. E fu la sentenza capitale che decretò la sconfitta annunciata della candidata.


Trovate sui giornali italiani ampie illustrazioni di questa hearing che molti considerano l'inizio  della lunga procedura  per l'impeachment di Donald Trump. Una ipotesi questa alla quale non crediamo, come abbiamo scritto in altre occasioni.

A meno che non  si liberino delle prove concrete  del suo personale coinvolgimento nel caso della Russia  che ha pesantemente condizionato in maniera cibernetica le elezioni presidenziali dell'8 novembre 2016.

Tralasciando il grave episodio che ha riguardato Hillary Clinton, e concentrandoci su i nove incontri sollecitati dal presidente Donald Trump in particolare sugli ultimi tre  del marzo aprile 2017, vi è da dire che  sicuramente il licenziamento del direttore dello FBI,  fu determinato  dal suo mancato "entusiasmo" nel mettere una pietra tombale  sul caso del generale Flynn, responsabile della National Security, estromesso dall'amministrazione  quando ormai  la sua difesa era diventata insostenibile a causa delle prove della sua connivenza con i russi.

Come  è venuto fuori dal memorandum  che l'ex direttore dello FBI ha diffuso  prima della audizione al Senato, di fronte alle insistenti  richieste del presidente di una  piena lealtà, la confusa e imbarazzata risposta di James Comey sarebbe stata interpretata  come  un diniego.

Da qui la decisione di far fuori  il direttore dello FBI  e mettere al suo posto uno che fosse  più docile a seguire gli orientamenti impartiti dalla Casa Bianca.

L'avvocato di Donald Trump  si è affrettato a smentire ogni illazione sugli incontri con il funzionario dello FBI.

Dobbiamo riconoscere all'ex direttore dello FBI, repubblicano,  una solida capacità di controllo emotivo: i sette minuti della sua  prolusione iniziale sono stati condotti a memoria con un body language perfetto.e del resto  non ci si poteva aspettare di meno da uno che per 10 anni ha fatto la super spia.

Dato che le audizioni al Senato o alla camera sono sotto giuramento, ha destato molta impressione tra i media americani l'affermazione di James Comey di avere incaricato  un amico perché distribuisse a stampa e televisione  la nota  sugli incontri  con Donald Trump che ha poi innescato la richiesta di hearing da parte del Senato. Non è da escludere che da parte dell'amministrazione vi possa essere il tentativo di incriminare James Comey per leaking ovvero diffusione di notizie riservate.

Molti critici dell'attuale presidente degli Stati Uniti  sostengono che questo caso fa impallidire  il Watergate di Nixon.

Come del resto affermato  dallo stesso licenziato direttore dello FBI,  la palla ora è nelle mani del consulente speciale Robert Mueller del quale si tessono elogi a dismisura da una parte e dall'altra dello scenario politico americano. A lui spetta il compito di far luce sul caso Russia-elezioni presidenziali.

Non c'è che da appendersi alle maniglie  ed attendere, sia pure con trepidazione, l'evolversi (sarebbe meglio dire l'involversi) di questa complessa  situazione politico-istituzionale

Oscar
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Caro Oscar,
Leggo sempre con attenzione i tuoi report sui fatti salienti di WDC. Da noi la stampa è al totale degrado e la tua fonte primaria d'informazione e commento ci fa comprendere meglio ciò che accade.
Un abbraccio
Aldo