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Quell'America che ama con passione Donald

 Donald Trump

"Noi non ci rendiamo conto che qui a Washington, in questo momento, stiamo vivendo in una mini sfera che nulla ha a che vedere con il resto del continente Stati Uniti."

Così tra un pezzo di pollo allo spiedo e una forchettata di broccoli,  Carlo, alto dirigente di una società con sede a San Louis (Missouri), ci descrive l'America  nella quale lui vive e lavora cinque giorni la settimana per poi ritornare a Washington  DC.

La sua è un'America  composta da persone incredibilmente  incolte, incapaci di identificare in un mappamondo dove si trova l'Europa per non parlare dell'Italia.

"Ho dovuto farmi un esame di laboratorio. L'infermiera, una tipa sui 40, mi ha chiesto da quale parte del mondo venissi. Le ho detto che ero italiano. A questo punto le ho anche domandato se fosse mai andata in viaggio all'estero. Mi ha detto che lei non era mai uscita in quarant'anni da San Louis.

Qui ci sono persone che per andare in un altro Stato confinante devono fare programmi di mesi.

Negli Stati Uniti  solo il 20% della popolazione ha varcato i confini. Sia pure per andare in Canada o Messico  oppure ai Caraibi.

Quando arrivo a San Louis inevitabilmente parlo con il tassista  che mi porta a casa. Non ne ho trovato uno che non fosse entusiasta di Donald Trump.

Tutti da quelle parti hanno votato per il palazzinaro e guai a toccarglielo perché si rischia una rissa.

Per cui è meglio far finta di niente ed evitare di portare la conversazione su argomenti di carattere politico.

Per molta gente Donald Trump rappresenta tutto quello che loro non potranno mai raggiungere: successo, quattrini a palate, mogli bellissime, e quel modo di infischiarsi di tutto e di tutti perché si ha in mano il potere economico.

Da qui a dire  che la stessa tecnica di comportamento possa essere tenuta anche alla Casa Bianca ne corre parecchio.

Ma per questa gente le accuse, i tentativi di impicciare il presidente, la connivenza con  le autorità russe  che hanno manipolato direttamente o indirettamente  le elezioni presidenziali americane, sono soltanto delle menzogne inventate  dalla cricca mediatica manipolata a sua volta dal movimento anti Donald Trump.

E del resto le loro fonti di informazione sono soltanto la Fox News che giudicano assolutamente più veritiera  della Cnn e di MSNBC."

Quanto sostiene Carlo trova ampia conferma negli approfondimenti che la Cnn ha cominciato a trasmettere dagli Stati  nei quali la grande maggioranza  di voti e' andata a Donald Trump.

Un'America fondamentalmente divisa  nella quale una larga componente si congratula con se stessa per avere distrutto con Trump tutto quanto fatto da quel 'negro' della Casa Bianca, accusato di ogni turpitudine dall'attuale inquilino della dimora washingtoniana che, (in troppi lo hanno dimenticato), è stato quello che anni fa ha fatto una campagna totale contro Barack Obama accusandolo di avere falsificato il proprio certificato di nascita e di non essere cittadino americano in quanto nato in Africa.

Tonnellate di fandonie orchestrate con il supporto di amici imprenditori. Il tutto nella convinzione  che bisognasse eliminare quel nero che stava ricreando una coscienza sociale a milioni di consimili i quali invece dovevano  e devono rimanere una sottospecie sociale secondo il comune sentimento di milioni di americani di estrema destra.

E poi ci vengono a dire che le ferite della guerra civile dopo il 1865 si sono rimarginate.

Oscar
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Gentilissimo Oscar,
mi chiamo Germana Manca e sono rientrata in Italia a fine 2013, dopo aver vissuto a Fairfax, Va per 6 anni. Insegnavo alla George Mason University materie scientifiche e mi sono fatta un'idea degli Stati Uniti, che era ben diversa da quelle vissuta, negli anni di spensieratezza a Santa Barbara, quando studiavo tra la California e l'Italia (fine anni 90 inizio 2000) per ricevere il mio dottorato.
Vengo dalla Sardegna, un'isola bellissima, e lavoro alla Protezione Civile Regionale. Una scelta, quella di rientrare, difficile ma alla fine dei conti positiva, non tanto per l'aspetto economico, quanto per la qualità della vita. Mi occupo di modellistica ambientale (ciò che insegnavo alla GMU), applicata all'emissione quotidiana dei bollettini antincendio e del rischio idrogeologico.
Viviamo quotidianemente il problema dei migranti, che sbarcano a centinaia qui in Sardegna, come del resto in Sicilia. Noi della Protezione Civile allestiamo le tende da campo, gli ospedali da campo e tutto quello che risulta essere necessario per lo sbarco. Gli sbarchi, direi quotidiani, sono ahimè le conseguenze della disastrosa politica estera interventista  e guerrafondaia. Le attività di pertinenza della Protezione Civile vengono coordinate anche in contemporanea alle altre attività, che sono state svolte durante i vari terremoti in Umbria e nelle Marche, che vedono il personale della protezione civile impegnato a supporto della logistica: dalle squadre dei cani (i primi a partire), addestrati al ritrovamento delle persone sotto le macerie, alle cucine da campo. Lavoriamo molto e con tanta passione. Credo che la Protezione Civile Italiana sia una delle migliori al mondo.
Della mia esperienza personale americana, a livello universitario, potrei solo dire che gli intrighi di far assumere tizio, piuttosto che caio sono normalissimi. Quelli che tanto ci scandalizzano in Italia, sono prassi comune in America. Non spaventa questo aspetto, anche perchè, parlando francamente, il salario di un professore non è così appetibile, almeno a Washington, rispetto a quello che percepisce un funzionario di una grossa impresa e/o ente governativo. Quindi la concorrenza è ridotta al minimo e pertanto i giochi si consumano tra aspiranti, legati dal vincolo del Paese di provenieinza di colui che sceglie o della commissione (le mie referenze erano tutte americane in una commissione mista tra europei e americani). Per non parlare poi del maschilismo, di cui rivestono Trump. Professionalmente parlando, per quanto mi riguarda, ammetto che in Italia siamo diversi in senso positivo. E' anche vero che io sono arrivata a Fairfax da sola con un figlio di sei anni. I miei colleghi americani e cinesi-americani, a parte quelli di provenienza europea, non si sono mai offerti di supportarmi, anzi tutt'altro. Una competizione sfrenata che non porta certo a frutti comuni.
Riguardo a Trump ho sempre pensato che vincesse. Durante i miei sei anni, ho viaggiato molto con mio figlio all'interno degli States. Bastava uscire dalla cinta della capitale, per rendersi conto del degrado del paese. Come lei sa, la Sardegna è una regione povera, con bassi redditi, ma in tutti i paesini c'è sempre un'ordine, una pulizia e un decoro, che non ho mai visto nell'entroterra degli Stati Uniti. Ovviamente ci sono le eccezioni, ma ogni volta che passavo per le strade interne, notavo un senso di abbandono. Sembrava di trovarsi in un'altro continente. Mia madre, una donna bolognese (bellissima mi creda e di gran classe), rimase colpita del "paesaggio umano" incontrato al di fuori di DC. E' allora mi confrontava i suoi paesini dell'Emilia con quelli incontrati lungo strada. L'america non era certo Washington. E Trump ha avuto terreno fertile, anche in questo caso. Resterà da vedere che cosa sarà in grado di fare. Spero che in politica estera agisca in maniera più responsabile rispetto alla Clinton, di cui ricorderò sempre le dimissioni, dopo il brutale assassinio dell'esponente diplomatico a Bengasi, in Libia, dal cui mancato controllo delle frontiere si è originato il fenomeno della migrazione.

Cordiali saluti
Germana Manca

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Bravissimo Oscar! Come sempre.

Un abbraccio,
Silvana Mangione
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Questa sua è una fonte di informazione che io apprezzo . Sull'America su TRUMP arrivano altre informazioni dai giornali e dalle televisioni. Tutte propongono una fotografia diversa . Io lettore sono disorientato. Purtroppo constato quotidianamente che i giornali e i media sono quasi tutti di parte e quindi rappresentano i fatti in modo che a me appaiono colorati  dall'appartenenza  a una area . Purtroppo tutto ciò mi rende dubbioso , credo , anche nei casi dove compare la verità descritta al di sopra delle parti.
Claudio Franza