Guido Colomba
Due notizie
shock. L'impatto dei derivati del Tesoro, in soli tre anni (2013-2016), è
stato di 24 miliardi annullando tutto il vantaggio ottenuto dal ribasso dei
tassi di interesse con il QE della Bce. Altro che risparmi. Nel frattempo,
Morgan Stanely e le altre banche d'affari che vendono derivati al Tesoro
continuano a cumulare utili giganteschi. Ma il ministro Padoan sostiene (re:
hearing parlamentare) che ciò non mette a rischio il debito italiano...
L'altra notizia riguarda la crisi bancaria che registra l'ennesimo fallimento
del Tesoro che a dicembre aveva varato un salvagente di 20 miliardi
puntualmente contestato da Bruxelles. Le due banche venete, insieme a Mps,
hanno perso 65 miliardi di depositi e prodotto nuove perdite per 5,2 miliardi
(cost income al 105%). I crediti in sofferenza superano i 20 miliardi (9
miliardi Npl) più i 26 Npl di Mps. Il Fondo Atlante si è visto bruciare 3,5
miliardi. Il salvataggio di Intesa San Paolo implica un intervento dello
Stato superiore ai 12 miliardi confermando la regola italica che
"privatizza gli utili e pubblicizza le perdite" a carico dei tax
payers. Che cosa si aspetta ad azzerare i vertici del Tesoro? Un disastro di
queste dimensioni era inimmaginabile. Invece, ogni giorno, la situazione
peggiora (in dodici mesi il valore di mercato delle sofferenze è diminuito
del 26%). Si da per scontato l'appoggio di Bruxelles e della Bce per poi
scoprire il giorno dopo che così non è. Una storia che dura da tre anni anche
se il vero starting point risale al 2012 quando il governo, guidato da Mario
Monti, ha fatto approvare dal Parlamento (quasi unanime) la normativa
capestro sulle banche (compreso il bail-in) che, guarda caso, ha penalizzato
solo le banche italiane. Ora, a luglio, quando i buoi sono già scappati,
inizierà a lavorare la commissione d'inchiesta sulla crisi bancaria e la
mancata tutela (art. 47 della Costituzione) dei risparmiatori. L'Italia è
l'unico paese dell'eurozona che registra un impatto così negativo rischiando
una grave "crisi sistemica" che potrebbe travolgere anche le banche
sane e danneggiare la stessa economia italiana. Ancora più negativo il
risultato dei contratti derivati stipulati dal Tesoro. Basta un esempio per
chiarire i termini del problema: nel 2016 con i derivati il debito pubblico
italiano si è aggravato di 8,3 miliardi. In Olanda, sempre con i derivati, vi
è stato un utile di 6,5 miliardi di euro. Gli altri Stati (Germania e
Francia) hanno usato questo strumento in sostanziale pareggio e con costi
minoritari (re:Il Sole24Ore del 18 giugno '17). Padoan ha ammesso nuove
operazioni nel 2016 " per ridurre l'incremento del debito". Window
shopping o allegra trasmissione di nuove perdite negli anni futuri? Dietro le
quinte di questo squallido spettacolo, il Tesoro si difende affermando che
sono i criteri contabili (Eurostat) adottati da Bruxelles che fanno apparire
la situazione peggiore della realtà. Resta il fatto che il debito pubblico
italiano continua a salire, superando i 2260 miliardi mentre gli investimenti
pubblici a prezzi costanti sono diminuiti del 40%. Intanto, uno dei maggiori
investitori istituzionali globali, Pimco (con sede in California a Newport
Beach), teme un'altra recessione globale entro cinque anni e rifugge dai Btp.
"Forse - afferma Scott Mather- rientreremo a prezzi più bassi con lo
spread sopra 250 punti base". Uno scenario apocalittico per la finanza
pubblica dell'Italia.
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