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Il Muro funziona...?


Alberto Pasolini Zanelli

Un dato inatteso, una novità controcorrente, uno spiraglio di speranza per Donald Trump, il più tormentato forse delle cronache degli inquilini della Casa Bianca. Un sondaggio che, contemporaneo a tanti altri tutti negativi per il presidente, indica qualcosa dal sapore di crescita. È un sondaggio, uno su tanti ma di intonazione opposta: ci sarebbe uno spostamento dell’opinione pubblica in favore del muro. Quarantadue cittadini su cento dicono oggi di appoggiare quella discussa iniziativa. Sono sempre una minoranza, però un mese fa erano solo il 34 per cento. La maggioranza continua ad essere contraria, però i “no” sarebbero discesi dal 63 per cento dell’anno scorso al 54 per cento di oggi e il margine negativo di conseguenza dal 29 al 12 per cento. La crescita nei consensi, naturalmente, è limitata agli umori dei repubblicani, che stavano diventando negativi su quella che è l’iniziativa più importante dell’attuale presidente. Ci sarebbe dunque un ripensamento in quei settori del partito attualmente di maggioranza che sono tentati da un’iniziativa di secessione per bloccare l’uomo della Casa Bianca e – dice un senatore particolarmente severo – di “combinare altri disastri”.

Il partito di Trump appoggerebbe oggi Trump all’87 per cento, rispetto al 71 dell’anno scorso. Nel totale dei cittadini, tuttavia, permane il contrasto fra l’aumento del sostegno alla principale iniziativa e la fiducia nel leader. Un dato curioso, ma non inspiegabile. Donald Trump da quando è presidente ha “lanciato” un numero elevato di iniziative, nessuna delle quali ha ottenuto finora consensi. C’è però un’eccezione, quella del muro, che si spiega con il fatto che essa è stata la prima e rimane il cardine del programma ed è stata costruita più che sulla saggezza e praticabilità dell’idea, sulla connessione umorale. A molti americani l’idea di uno sbarramento all’immigrazione piace, anche se i dati indicano che il minaccioso fenomeno è in declino e i tempi per costruire la “diga” si allungano e gli stanziamenti diventano sempre più difficili e insufficienti, soprattutto da quando i democratici hanno riconquistato la maggioranza alla Camera. Per aggirare questo veto Trump ha “messo in sciopero” la macchina dello Stato, con la conseguenza che da tre settimane  centinaia di migliaia di impiegati pubblici sono rimasti senza stipendio.

Riuscirà un rigurgito di simpatia per un’idea del muro? Le indicazioni sono contraddittorie e l’indice resta negativo. Trump sembra però avere scelto una strategia di emergenza: concentrare le iniziative e lasciar cadere tutti gli altri progetti, quelli che si possono giudicare facendo i conti mentre la “difesa” dall’immigrazione illegale continua ad essere considerata urgente da quasi la metà degli americani. Che se esaminano le cifre, continuano ad avere forti dubbi, ma che Trump spera ancora di convincerli a rientrare nel giro delle emozioni.

Per tenerlo egli è disposto e lo ha mostrato, a lasciar cadere o a mettere la museruola a tutti gli altri suoi progetti e anche ai dati che gli sono favorevoli, compresa l’andamento generale dell’economia, che è attualmente assai positivo, compreso l’andamento delle Borse e il calo della disoccupazione. Si diceva un tempo che gli americani “votano col portafoglio”. Non è più esatto e forse neppure più vero: oggi sono in gioco altri fattori, a cominciare dalla politica estera e della crisi dei rapporti con i tradizionali alleati. E anche e forse soprattutto al settore militare, dove Trump deve far fronte a due tendenze contrapposte. La prima è la prudenza, originata dalle infelici esperienze belliche negli ultimi tempi. La seconda è invece quella dei superfalchi che l’uomo della Casa Bianca ha introdotto di recente nella stanza dei bottoni. Il più altolocato è il Segretario di Stato Mike Pompeo, il più pericoloso un consigliere ideologo come John Bolton, che proprio ieri ha avanzato una richiesta allarmante di preparazione di una auspicata guerra contro l’Iran, che al Pentagono è considerata negativamente e che potrebbe sottrarre tra breve a Trump i frutti che la sua “fissazione” sui pericoli dell’immigrazione gli ha appena procurato.