Romano Prodi
(Il Messaggero)
Alleanze impossibili/Viaggio senza paracadute per Di Maio in Europa
Mancano meno di cinque mesi alle elezioni europee e poche settimane all’inizio della campagna elettorale ma gli schieramenti e le alleanze fra i diversi partiti non sono ancora definiti. Avremo quindi di fronte a noi un periodo convulso nel riassetto dello scenario politico europeo.
La scelta più semplice riguarda il Partito Popolare, che uscirà ridimensionato dalla prova elettorale ma rimarrà il maggiore partito del Parlamento Europeo. La sua preoccupazione, che trova la sua massima espressione nella Democrazia Cristiana tedesca, è quella di evitare la frana di voti verso destra: di qui la strategia, anche se non ancora vincente, di proporre Weber, cioè un bavarese solidamente conservatore, come presidente della Commissione Europea. L’altro partito, che tradizionalmente ha condiviso la leadership a Strasburgo, cioè il Partito socialista, sembra in perdita di voti in modo ancora più sostanzioso.
Difficile quindi che possa aspirare alla Presidenza della Commissione anche perché diventa sempre più remota la sua alleanza strategica con i liberali, i Verdi e il raggruppamento di Macron, alleanza che avrebbe potuto contendere il primato ai Popolari e accendere, nello stesso tempo, una sfida politica in grado di avvicinare le istituzioni ai cittadini europei.
Le elezioni riprodurranno quindi con ogni probabilità un’alleanza fra Popolari e Socialisti a guida popolare, con un allargamento ai Liberali, dato che i due partiti più numerosi non saranno in grado di raggiungere la maggioranza dei seggi. Il fatto nuovo sarà tuttavia determinato dall’aumento dei nuovi partiti nazional-populisti, spesso caratterizzati da posizioni antieuropee e sempre con accenti fortemente nazionalistici e quindi in difficoltà nella costruzione di alleanze estese oltre i confini nazionali.
Il problema riguarda soprattutto il nostro paese dove la perdita di consenso di Forza Italia e del Partito Democratico (rispettivamente appartenenti al Partito Popolare Europeo e all’Alleanza dei Socialisti e Democratici) appare più forte che non negli altri paesi europei. I nuovi movimenti politici così non saranno in grado di eleggere da soli le massime cariche europee e, se vogliono anche solo fare sentire la loro voce a Strasburgo dovranno costruire alleanze con formazioni politiche di molti paesi. Per avere un gruppo nel Parlamento Europeo bisogna infatti disporre di un minimo di venticinque deputati appartenenti almeno a sette diversi paesi. La formazione di un gruppo parlamentare è di importanza fondamentale perché senza di esso non si riceve alcuna risorsa finanziaria, non si ha diritto a ricoprire il ruolo di presidente o vicepresidente del Parlamento e delle Commissioni parlamentari e si soffre di limitazioni nella vita parlamentare di ogni giorno, compresa la durata degli interventi in assemblea. La formazione di un gruppo parlamentare risulta ovviamente ancora più complicata per le organizzazioni politiche che vedono il loro punto di forza soprattutto nel rafforzamento delle diverse sovranità nazionali.
Per questo motivo Salvini e Di Maio impiegheranno i prossimi i giorni in un tour delle principali capitali europee in modo da evitate di essere forti in Patria ma deboli in Europa, proprio all’opposto di Forza Italia e Pd che si troveranno ad essere più forti a Bruxelles che a Roma.
Il viaggio sarà relativamente più facile per Salvini che oggi può contare sull’alleanza con la Signora Le Pen e che, domani, cercherà di completare il suo progetto di impadronirsi in modo totale della destra italiana e di avvicinarsi progressivamente al Partito Popolare. Una strategia incerta nei tempi ma precisa nella direzione. Più complicato sarà il viaggio di Di Maio perché sembra proprio che i 5Stelle non sappiano dove andare e, pur avendo una forte rappresentanza italiana a Strasburgo, corrono il rischio di essere tagliati fuori nel momento della formazione dei gruppi parlamentari europei.
Ricordiamo che all’inizio della legislatura, nel 2014, ai 5Stelle non era rimasta altra scelta che entrare in coalizione con gli estremisti antieuropei dell’Ukip. Data la difficoltà della convivenza nel gennaio del 2017 era stato firmato un progetto di accordo alternativo fra Grillo e il Presidente del Partito liberale Verhofsdat ma la ribellione dei liberali tedeschi e francesi ne ha impedito la messa in atto. Ai 5Stelle non è perciò rimasta altra scelta che confermare la sfortunata coalizione con l’Ukip che però, essendo un partito britannico, non farà parte del prossimo parlamento europeo. Nel recente passato i 5Stelle hanno cercato un accordo con i Verdi ma il matrimonio è apparso finora impossibile perché i Verdi tedeschi, che hanno la leadership del gruppo, non hanno alcuna intenzione di allearsi con un partito che, in Italia, condivide il governo con la Lega. E anche perché, nonostante il probabile indebolimento nelle elezioni europee rispetto a quelle italiane, i 5Stelle si troverebbero ad essere più forti degli stessi Verdi tedeschi: il che non è gradito ai potenziali partner.
Il viaggio di Di Maio è quindi un viaggio senza paracadute. Ragione per cui c’è chi pensa che, alla fine, il paracadute potrebbe offrirlo lo stesso Salvini, accettando un’alleanza europea fra Lega e 5Stelle. Penso però che questo disegno, già così complicato a Roma, sia sostanzialmente impossibile a Strasburgo perché in Europa, nella prossima legislatura, verranno al pettine scelte fondamentali: grandi investimenti sociali, sviluppo sostenibile, welfare europeo, società inclusiva e multietnica, il diritto di avere diritto e, infine, un vero bilancio europeo. Su questi temi i due partiti camminano in direzioni diverse. Nonostante i necessari compromessi della politica esiste ancora un limite alla possibilità di convergenza degli opposti. Almeno in Europa.
La scelta più semplice riguarda il Partito Popolare, che uscirà ridimensionato dalla prova elettorale ma rimarrà il maggiore partito del Parlamento Europeo. La sua preoccupazione, che trova la sua massima espressione nella Democrazia Cristiana tedesca, è quella di evitare la frana di voti verso destra: di qui la strategia, anche se non ancora vincente, di proporre Weber, cioè un bavarese solidamente conservatore, come presidente della Commissione Europea. L’altro partito, che tradizionalmente ha condiviso la leadership a Strasburgo, cioè il Partito socialista, sembra in perdita di voti in modo ancora più sostanzioso.
Difficile quindi che possa aspirare alla Presidenza della Commissione anche perché diventa sempre più remota la sua alleanza strategica con i liberali, i Verdi e il raggruppamento di Macron, alleanza che avrebbe potuto contendere il primato ai Popolari e accendere, nello stesso tempo, una sfida politica in grado di avvicinare le istituzioni ai cittadini europei.
Le elezioni riprodurranno quindi con ogni probabilità un’alleanza fra Popolari e Socialisti a guida popolare, con un allargamento ai Liberali, dato che i due partiti più numerosi non saranno in grado di raggiungere la maggioranza dei seggi. Il fatto nuovo sarà tuttavia determinato dall’aumento dei nuovi partiti nazional-populisti, spesso caratterizzati da posizioni antieuropee e sempre con accenti fortemente nazionalistici e quindi in difficoltà nella costruzione di alleanze estese oltre i confini nazionali.
Il problema riguarda soprattutto il nostro paese dove la perdita di consenso di Forza Italia e del Partito Democratico (rispettivamente appartenenti al Partito Popolare Europeo e all’Alleanza dei Socialisti e Democratici) appare più forte che non negli altri paesi europei. I nuovi movimenti politici così non saranno in grado di eleggere da soli le massime cariche europee e, se vogliono anche solo fare sentire la loro voce a Strasburgo dovranno costruire alleanze con formazioni politiche di molti paesi. Per avere un gruppo nel Parlamento Europeo bisogna infatti disporre di un minimo di venticinque deputati appartenenti almeno a sette diversi paesi. La formazione di un gruppo parlamentare è di importanza fondamentale perché senza di esso non si riceve alcuna risorsa finanziaria, non si ha diritto a ricoprire il ruolo di presidente o vicepresidente del Parlamento e delle Commissioni parlamentari e si soffre di limitazioni nella vita parlamentare di ogni giorno, compresa la durata degli interventi in assemblea. La formazione di un gruppo parlamentare risulta ovviamente ancora più complicata per le organizzazioni politiche che vedono il loro punto di forza soprattutto nel rafforzamento delle diverse sovranità nazionali.
Per questo motivo Salvini e Di Maio impiegheranno i prossimi i giorni in un tour delle principali capitali europee in modo da evitate di essere forti in Patria ma deboli in Europa, proprio all’opposto di Forza Italia e Pd che si troveranno ad essere più forti a Bruxelles che a Roma.
Ricordiamo che all’inizio della legislatura, nel 2014, ai 5Stelle non era rimasta altra scelta che entrare in coalizione con gli estremisti antieuropei dell’Ukip. Data la difficoltà della convivenza nel gennaio del 2017 era stato firmato un progetto di accordo alternativo fra Grillo e il Presidente del Partito liberale Verhofsdat ma la ribellione dei liberali tedeschi e francesi ne ha impedito la messa in atto. Ai 5Stelle non è perciò rimasta altra scelta che confermare la sfortunata coalizione con l’Ukip che però, essendo un partito britannico, non farà parte del prossimo parlamento europeo. Nel recente passato i 5Stelle hanno cercato un accordo con i Verdi ma il matrimonio è apparso finora impossibile perché i Verdi tedeschi, che hanno la leadership del gruppo, non hanno alcuna intenzione di allearsi con un partito che, in Italia, condivide il governo con la Lega. E anche perché, nonostante il probabile indebolimento nelle elezioni europee rispetto a quelle italiane, i 5Stelle si troverebbero ad essere più forti degli stessi Verdi tedeschi: il che non è gradito ai potenziali partner.
Il viaggio di Di Maio è quindi un viaggio senza paracadute. Ragione per cui c’è chi pensa che, alla fine, il paracadute potrebbe offrirlo lo stesso Salvini, accettando un’alleanza europea fra Lega e 5Stelle. Penso però che questo disegno, già così complicato a Roma, sia sostanzialmente impossibile a Strasburgo perché in Europa, nella prossima legislatura, verranno al pettine scelte fondamentali: grandi investimenti sociali, sviluppo sostenibile, welfare europeo, società inclusiva e multietnica, il diritto di avere diritto e, infine, un vero bilancio europeo. Su questi temi i due partiti camminano in direzioni diverse. Nonostante i necessari compromessi della politica esiste ancora un limite alla possibilità di convergenza degli opposti. Almeno in Europa.