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Kim Jong-un ha scelto il treno blindato


Alberto Pasolini Zanelli

Kim Jong-un ha scelto il treno blindato come mezzo per raggiungere il luogo del vertice con Donald Trump. Attraverserà la Cina in uno stile da Orient Express, con prudenza ma senza fretta. Il suo interlocutore arriverà normalmente in aereo da Washington. La novità che conta, però, non è il mezzo prescelto dal prudentissimo dittatore, che evidentemente ritiene che un aereo, soprattutto con un passeggero più famoso che amato, contenga una carica di pericolo, prima di tutto fisico. Attraversare la Cina, in più, costituisce un record e accresce l’interesse del mondo per un evento che suscita già speranze e allarmi, ma soprattutto può offrire un’indicazione più sicura sulla reale rotta che l’attuale inquilino della Casa Bianca intende perseguire nella politica mondiale. Non è un caso che il primo dato di rilievo politico non riguardi né il governo di Washington né quello di Pyongyang, bensì la capitale “neutrale” dove si svolgerà questo singolare summit. È a Hanoi, non solo capitale del Vietnam, ma anche culla e roccaforte del Vietnam del Nord durante la lunga guerra con l’America.

Sempre nel campo dei “simboli” (che in parecchi casi sono rivelatori di concrete realtà) ci sono novità e riguardano sia i protagonisti, sia il padrone di casa. Cominciando probabilmente da quest’ultimo: un recentissimo sondaggio sull’opinione pubblica mondiale rivela che il Paese in cui l’America è oggi più amata è il Vietnam: 85 su cento dei suoi cittadini “amano” gli americani. Nessuno supera questo dato se non, fin troppo prevedibilmente, gli americani stessi che si amano all’86 per cento. Un punto appena in più dei cittadini di un Paese contro cui gli Stati Uniti hanno condotto la guerra più lunga della loro storia e l’unica da cui sono rientrati sconfitti. Si chiama ancora “sindrome del Vietnam” l’effetto di quella vicenda senza precedenti che vide gli ultimi soldati e civili imbarcarsi all’aeroporto di Saigon per tornare a casa piantando in asso il governo e i cittadini del Vietnam anticomunista. Neanche la Guerra di Corea è rimasta nella storia come un successo americano: finì in pareggio, con un armistizio in corso da sessant’anni e non ancora trasformato in pace.

Trump e Kim forse ci riusciranno almeno in parte, anche se il loro fine è meno storico e più pratico: una polizza di assicurazione antinucleare. Se ne parla da un paio d’anni senza progressi pratici e sicuri. L’unica cosa è la comunanza delle volontà, anche se gli obiettivi non sono identici. L’America l’atomica ce l’ha dalla Seconda guerra mondiale anche se l’unica l’ha sganciata su un Paese dell’Estremo Oriente come il Giappone, il più vicino alla Corea. Da quel giorno Washington si sforza di rimanere la capitale del solo Paese nucleare del pianeta perché una guerra di quel genere se si fa in due è assicurata la sconfitta di entrambi.

A qualche nazione l’America ha elargito il permesso di avere la Bomba. La Corea del Nord no, ma ce la sta facendo, lentamente, a causa delle sue dimensioni economiche, ma per questo è al bando negli scambi. Essendo un Paese molto povero, non avrebbe dovuto fare progressi. Invece ci è riuscita, anche se non sono sufficienti. La Bomba ce l’ha, si sta dando da fare per trovare il modo di spedirla “lontano”, vale a dire a Washington. Però ha fatto progressi e con ogni probabilità ne sta ancora facendo, nonostante le assicurazioni verbali. Inoltre il suo leader è oggi probabilmente il più esecrato dittatore della Terra. Con una sorpresa: apparentemente egli è il leader straniero di cui Trump si fida di più e meglio ne parla, ultimamente con ammirazione e quasi con affetto, sentimenti non condivisi dal resto degli americani, soprattutto politici e militari. Se si facesse un sondaggio del tipo emerso dal Vietnam, i risultati sarebbero diversi negli Stati Uniti e addirittura opposti nella Corea del Nord, dove l’America è ancora chiamata l’Invasore nel ricordo di quella guerra, data tra le due Coree e in cui Washington fu parte molto attiva, pur rinunciando ad usare il Nucleare. Si “limitò” a intensissimi bombardamenti “convenzionali” che seminarono distruzioni immani e seminarono odio.

Qualcosa del genere accadde poi in Vietnam, con le conseguenze che non ci narrano soltanto i sondaggi, ma le fitte e cordiali relazioni fra governi. La principale base navale, usata dai sovietici durante la guerra per aiutare il regime comunista di Hanoi, ospita da oggi navi da guerra americane. Un Segretario di Stato di Washington, John Kerry, ha visitato più volte il Paese in cui ha personalmente combattuto. L’“amicizia” di Trump è criticata da molti suoi concittadini, sia per la personalità di Kim, sia per ricordi troppo freschi: il più vasto monumento funerario della città di Washington ospita le lapidi dei caduti in Vietnam. Ma quello è diventato un Paese amichevole e senza ambizioni nucleari.

Pasolini.zanelli@gmail.com