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Sutop (Thriller) Capitolo 24
Leo Rasco

Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale
Any Resemblance To Real Persons Or Actual Facts Is Purely Coincidental
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Emanuela Barberini Smith, vicepresidente degli Stati Uniti, si era alzata quella mattina in preda ad un attacco di ansia e depressione, inconveniente che da anni cercava di controbilanciare con pillole che la stendevano emotivamente per ore.

Accese il computer e dette un'occhiata al rapporto mattinale che faceva il punto sulla situazione domestica e internazionale, preparato sulla scorta delle informazioni delle 17 agenzie di intelligence.

Grane a non finire per il presidente Albert Smith che doveva fronteggiare il rifiuto di larga parte della popolazione americana di farsi inserire sottopelle una chip multifunzione.

La polizia politica era da tempo già entrata in funzione per individuare le centinaia di migliaia di americani che ancora non si erano recati negli ambulatori popolari per la vaccinazione cibernetica.

Nonostante i campi di concentramento allestiti per sbattervi dentro i drogati e nonostante il lavoro quotidiano sottotraccia delle squadre di salute pubblica che andavano a beccare spacciatori di ogni livello eliminandoli fisicamente, nonostante tutto questo l'America continuava ad essere il più grande mercato della droga, qualunque essa fosse.

La first-lady chiuse di scatto il laptop sbuffando.

Suo marito il presidente Albert Smith dopo essere stato nominato per la terza volta presidente degli Stati Uniti con una valanga di voti simile alle elezioni bulgare dell'impero sovietico che si concludevano sulla base del 99% di voti, si stava rendendo conto che la favoletta del Cincinnato romano non funzionava più nel contesto di un'economia sociopolitica quale quella americana attraversata soprattutto dalla penosa e permanente radicalizzazione tra sovranisti e democratici.

Quanto ai dipartimenti che facevano capo alla sua responsabilità in quel momento non gliene poteva fregare di meno.

Si sentiva svuotata dentro, priva di energia, convinta d'aver sprecato la sua vita dietro un uomo che le aveva fatto da traino per una posizione spettacolare di vertice.

Ma per questo Eleonora Barberini Smith stava pagando un prezzo molto alto come donna.

Il suo orologio biologico ormai aveva iniziato a ticchettare sempre più velocemente ed anche se formalmente il suo charme sembrava intoccabile, c'era qualcosa dentro di lei che non funzionava, che le impediva di dormire regolarmente e che degenerava, appunto, negli attacchi di ansia e depressione.

Eleonora avrebbe voluto un figlio.

Ma non si può avere tutto nella vita.

Aveva dovuto scegliere tra l'essere l'amante del presidente degli Stati Uniti, poi convinto a elevarla al rango di first-lady o la moglie di qualche dirigente d'azienda gratificata da due, tre figli e con una vita scandita dalle promozioni del suo compagno. O dai licenziamenti quando l'economia andava a ramengo.

La più giovane delle due cameriere le aveva portato la colazione in camera ed aveva appoggiato il vassoio d'argento sullo scrittoio.

Eleonora odiava le colazioni all'americana, quelle con la pancetta, le uova e le altre porcherie.

In tanti anni di vita a Washington non era mai riuscita ad abituarsi a quel tipo di breakfast.

Entrando a Camp David per la prima volta come first-lady aveva detto che al mattino voleva avere un cappuccino ed una brioche con un po' di marmellata. E basta.

Un cappuccino, non mezzo litro di roba schiumata in un mug, ma una tazza normale all'europea.

Provò ad assaggiare il cappuccino che era stato fatto, chiaramente, con latte a lunga conservazione e utilizzando un caffè lungo americano e non un vero espresso.

Quanto alla brioche ne addentò un'estremità per poi rimetterla nel piatto perché era chiaramente di quelle che si comprano al supermercato surgelate e si devono riscaldare nel microonde.

Quello non era certamente il modo migliore per iniziare una giornata di relax.

Adesso bisognava vestirsi ed infilarsi dentro la tenuta da cavallo con quei pantaloni elasticizzati che mettevano in evidenza il suo lato B e le lunghe gambe.

Tormento per i maschi americani che osservandola dovevano distogliere lo sguardo perché la cultura imperante imponeva che le grazie di una bella donna non fossero oggetto di ammirazione.

Figurarsi poi quando si trattava della vice presidente nonché First-Lady.

Eppure a lei italiana, quando stava in Italia, non è che dispiacessero troppo gli apprezzamenti per la sua bellezza purché fossero espressi non in maniera volgare.

Quando si dice la differenza delle culture.

Il colonnello John Warren l'attendeva alle 10 nel maneggio.

Warren era il responsabile di tutto il Camp David.

Eleonora aveva dato una scorsa al suo curriculum che metteva in evidenza che si trattava di un eroe di guerra con 10 missioni in Iraq e Afghanistan alcune delle quali segrete.

Ma la cosa che aveva incuriosito la  first-lady era il fatto che un eroe di guerra come il colonnello John Warren fosse stato relegato nella funzione di responsabile amministrativo della casa di campagna del presidente degli Stati Uniti, anziché essere promosso a una piu' austera posizione come parlamentare inserito nel ruolino di marcia del partito repubblicano o democratico.

Evidentemente, pensò Eleonora, quel John Warren sarà stato anche un gran combattente ma non aveva le palle per essere rappresentante del popolo americano al Congresso.

Una golf cart elettrica l'attendeva all'ingresso principale della struttura.

Dopo due minuti entrarono dentro il maneggio, dove il colonnello Warren in divisa attendeva insieme a due marines che accudivano i cavalli del presidente.

Eleonora Barberini Smith aveva scelto quella mattina l'atteggiamento ruvido di chi è superiore a tutto e a tutti.

"Buongiorno", disse.

"Quale cavallo mi avete riservato?"

"Madam vicepresidente, preferisce un esemplare tranquillo oppure…?"

La first-lady già stava andando fuori giri con quella domanda pronunciata oltretutto con un sorriso da Hollywood.

Sì perché quel gigante di muscoli mal coperti dall'uniforme si permetteva di introdurre nella sua domanda una nota provocatoria, come dire 'sarai anche vicepresidente degli Stati Uniti, ma sei pur sempre una debole femmina'.

"Le faccio presente, colonnello, che vado cavallo da quando avevo nove anni… Perciò mi dia un esemplare adatto…"

Ma non aveva citato che da anni ormai lei non montava un esemplare raffinato, ma solo qualche brocco nei maneggi cittadini dove ogni tanto si concedeva qualche mezz'ora.

L'arabo era già stato sellato. Il colonnello John Warren si avvicinò alla vicepresidente per aiutarla a staffare il cavallo.

"So farlo da sola" disse piccata Eleonora.

Ma al secondo tentativo senza successo, dove' accettare l'aiuto fisico del gigante sorridente che le allungo' la staffa sinistra fino al massimo per poi rimetterla a misura una volta in sella.

Quanto la faceva incazzare quel sorriso a 64 denti.

Il cavallo che aveva scelto era piuttosto nervoso e Eleonora dentro di sé si augurava che l'animale non si mettesse a fare il pazzo.

Con automatica gratitudine vide che il colonnello Warren era venuto vicino a lei montando un grande baio.